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mercoledì, Aprile 24, 2024
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CAFFE’ E MALATTIE DEL CUORE, OCCHIO AGLI ABUSI
Quanto può far male qualche tazzina di troppo

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VILLARICCA. Il caffè è senza dubbio una delle bevande dalla storia più interessante. Sicuramente tra le più diffuse al mondo, la più consumata – assieme al tè – dopo l’acqua.
Anche se può sembrare difficile immaginarsi un mondo senza caffè ai nostri giorni, la sua scoperta risale soltanto all’850 d.C. La pianta è originaria dell’Abissinia. Mentre la prime botteghe di caffè della storia erano attive nel XV secolo a Costantinopoli. Al secolo successivo risale invece il suo arrivo in Europa. Un ingresso in grande stile, attraverso le porte del porto di Venezia, città in cui fu aperta la prima caffetteria italiana. Curioso a sapersi, il primo prototipo per macchina da caffè fu costruito a Parigi, nel 1882. Ma si dovette aspettare fino al 1905 per veder realizzata la prima macchina da caffè espresso commerciale, da un produttore italiano. Nel 1933, poi, Ernesto Illy realizzò la prima macchina automatica, perfezionata in seguito da Achille Gaggia nel 1945.
Anche l’attenzione alle proprietà farmacologiche e nutrizionali del caffè affonda radici profonde nella storia, tuttavia è nell’ultimo decennio che questa è divenuta sempre maggiore. Passò infatti alla storia un’intervista pubblicata sul New York Times (28 ottobre 2003), in cui il dottor Stephen Scheidt, del New York Weill Cornell Medical Center dichiarava che non esistono evidenze scientifiche che dimostrano che 3-4 tazze di caffè al giorno siano in grado di aumentare il rischio di malattie coronariche.
Si tratta, in effetti, di un’opinione largamente condivisibile. Tuttavia è d’obbligo chiarire cosa si intende col termine generico di “tazza di caffè”, che si associa ad un concetto diverso di Paese in Paese. Non solo, il caffè può essere ottenuto con vari metodi. Un espresso doppio, ad esempio, contiene il 35-45% in meno di caffeina (75-80 mg) rispetto ad uno preparato con infusione a gocciolamento (100-115 mg), Il caffè istantaneo contiene, invece, circa 65-70 mg di caffeina, mentre il caffè decaffeinato non ne è del tutto privo (3-5 mg per tazza). Giusto per sfatare un altro falso mito, una tazza di tè contiene invece circa 40 mg di caffeina.
Dal 1990 ad oggi sono stati pubblicati svariati studi epidemiologici sugli effetti del caffè sul sistema cardiovascolare. La maggior parte dei dati disponibili suggeriscono che un consumo moderato di caffeina (meno di 5 tazze al giorno) non aumenti in modo significativo il rischio di infarto miocardio e/o di morte coronarica. I dati relativi ad un introito maggiore sono scarsi e non permettono di giungere a conclusioni valide, anche se emerge una tendenza statisticamente significativa verso l’incremento del rischio col crescere della dose assunta, incremento potenziato dall’eventuale presenza concomitante dei fattori di rischio cardiovascolare classici. In conclusione, sarebbe opportuno seguire un principio precauzionale, limitandosi ad un consumo non eccessivo di bevande contenenti caffeina, come tè e caffè e – soprattutto – evitare il nefasto abbinamento di caffè e sigaretta.

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