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«DIVENTARE METALMECCANICO, IL SOGNO INFRANTO DI JOB»
Giugliano, lettera dell’associazione «Iara»: chiediamo la verità

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GIUGLIANO. Dieci giugno, ore 17.12 Job Augustine, richiedente asilo in attesa dal 2002 di essere convocato dalla commissione centrale è “Clinicamente Morto”, alle 19 di stasera verrà dichiarata la sua morte legale. Le cause ufficiose della morte parlano di complicazioni verificatesi prima dell’intervento chirurgico per una embolia polmonare. I medici ci hanno chiesto se conosciamo dei parenti che possano autorizzare l’espianto degli organi. Nella sera di sabato, dopo le otto di sera, due persone in motocicletta gli hanno sparato senza apparente motivo, mentre tornava dal supermarket dove era andato a fare la spesa. Un proiettile gli ha attraversato una coscia, terminando la sua corsa nello stinco dell’altra. Ci è stato riferito che è stato portato al pronto soccorso dell’Ospedale di Giugliano dai Carabinieri. I suoi compagni di casa, richiedenti asilo come lui, che erano andati a trovarlo la sera stessa in ospedale, lo avevano trovato sofferente ma in buone condizioni. Augustine, ci hanno detto, non riusciva a spiegarsi il motivo dell’aggressione. Nella giornata di domenica, da quello che ci è stato riferito è entrato in stato di coma, dal quale non è più uscito fino ad oggi pomeriggio quando è stato dichiarato clinicamente morto. Chiediamo una indagine che faccia luce su tutta la sua vicenda, a partire dall’assurda aggressione che ha subito. Chiediamo inoltre che si faccia luce anche sugli altri episodi di violenza che ultimante sono avvenuti a Giugliano ai danni di immigrati inermi. Job Augustine, nato il 01/01/1981 a Banga (Liberia), appartenente al gruppo Mandingo, permesso di soggiorno per richiesta d’asilo, n°G985111, rilasciato dalla questura di Lecce era entrato in Italia il 18/11/2002 dal varco di Lampedusa. Trasferito nel Centro di Prima Accoglienza di Lecce, aveva fatto domanda di asilo il 06/12/2002 e, a tutt’oggi, non era ancora stato convocato dalla commissione per la definizione dello status di rifugiato. Questa, tutta qui, è presumibilmente la traccia che rimarrà presso gli archivi delle Autorità di Pubblica Sicurezza del nostro paese, nel database della Commissione Centrale, insieme sicuramente alle impronte digitali, ai dati biometrici ed alla prima dichiarazione rilasciata alla Questura di Lecce sulle motivazioni per la sua richiesta d’asilo. Nel corso del 2003, Augustine si era trasferito nella provincia di Napoli, a Giugliano, dove occasionalmente lavorava al nero per sopravvivere (ai richiedenti asilo per legge non è consentito lavorare regolarmente). Nella casa dove viveva senza contratto di fitto, insieme ad altre tre persone in una sola stanza, pagava appena 66 Euro di fitto, dei 200 di costo complessivo. Il proprietario non voleva problemi con le forze dell’ordine, per questo motivo non poteva rinnovare il permesso di soggiorno nella questura di Napoli, che condiziona il rilascio dello stesso alla esibizione di una “Cessione di Fabbricato”, oppure una dichiarazione di ospitalità. Per questo motivo ci aveva chiesto, nel 2004, la possibilità di eleggere domicilio legale presso il nostro programma di accoglienza per poter rinnovare il permesso di soggiorno, ai sensi della normativa vigente e dell’art. 141 del codice di procedura civile. Nel corso del 2004 era venuto a contatto con gli operatori dell’unità mobile di M.I.L.A., progetto per l’emersione del lavoro nero istituito nell’ambito del programma Equal. A partire da quel contatto Augustine aveva incominciato a rivolgersi periodicamente presso i servizi istituiti nella provincia di Napoli da Cooperative sociali, associazioni, sindacati ed istituzioni. Quando venne allo sportello per l’accoglienza esterna del progetto I.A.R.A. (istituito dal Comune di Napoli nell’ambito del programma del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), Augustine ci era sembrato subito uno dei tanti richiedenti asilo che gravitano, abbandonati a sé stessi, tra Castelvolturno e la provincia di Napoli, sprovvisti di adeguate informazioni sulle procedure che li riguardano, costretti ad arrangiarsi tra lavoro nero e condizioni precarie di vita. Con noi e le organizzazioni che aveva cominciato a frequentare Augustine aveva cominciato a prendere coscienza del suo status, e si era avvalso di quei (purtroppo pochi) servizi che vengono istituiti per i richiedenti asilo, persone costrette a non poter avere un lavoro regolare durante l’attesa per l’audizione finale della commissione. Job Augustine aveva beneficiato del programma Equal MILA, per l’emersione del lavoro nero in agricoltura. Per ironia della sorte ( il suo cognome significa “Lavoro”) in Italia continuava a fare lo stesso mestiere che faceva nel suo paese, il bracciante. Augustine ci aveva confidato due sogni: quando era venuto in Italia sognava di diventare un Campione del calcio, ma l’ultima volta che l’abbiamo visto ci ha detto che adesso sognava di diventare un operaio metalmeccanico




I.A.R.A.-INTEGRAZIONE E ACCOGLIENZA RIFUGIATI

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