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venerdì, Aprile 19, 2024
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“Abbracciami, baciami…”, il racconto dei presunti abusi ai bimbi del parroco di Qualiano don Michele Mottola

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“Vorrei morire per non vedere più nulla, per andarmene e non sentire nessuno. Mi sento più sola che mai perché nessuno mi potrà mai capire. Io con le lacrime potrei creare un mare.”

Queste sono le agghiaccianti parole di una bimba di undici anni, che ci racconta ieri a Le Iene  ha raccontato la sua storia. La bimba per lungo tempo avrebbe dovuto subire le attenzioni sessuali del parroco di famiglia.

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Marina, così chiameremo questa bambina, sarebbe caduta nelle grinfie di Don Michele Mottola, parroco di Caivano, che frequentava la casa dei suoi genitori e la riempiva di attenzioni e regali.

Quella che racconta è una storia di abusi sessuali a opera del prete ma anche la storia di un incredibile coraggio, perché la piccola riesce con lucidità a documentare (attraverso il suo telefonino) quegli incontri e quelle richieste particolari. E a incastrarlo.

Le violenze, che si sarebbero protratte fino allo scorso febbraio, sarebbero iniziate quando Marina ha all’incirca dieci anni e mezzo.

A raccontare questa terribile storia a Nina Palmieri de Le Iene sono la sorella e la mamma di Marina.

“Ti devi proprio sentire morire dentro per mettere il telefonino in tasca e non avere paura che lui se ne potesse accorgere e magari le potesse anche fare qualcosa. E invece lei non ha avuto paura ed è andata fino in fondo perché non ce la faceva più”, dice la sorella della bimba alla Iena.

“Mia figlia è stata più furba di lui, è stata brava eh? Bravissima, orgogliosa di mia figlia”, racconta con gli occhi lucidi la mamma della bambina abusata.

Don Michele Mottola arriva nel paese di Marina nel 2017 e conquista subito la fiducia della piccola e della sua famiglia.

“È stato a cena a casa nostra, a capotavola al posto di mio marito, pensavamo sai è una brava persona, era diciamo come un amico”, racconta la mamma di Marina.

Il parroco inizia a fare piccoli grandi regali alla bambina, prima un orologio, poi un giubbino e addirittura un computer. Regali che giustifica come un ringraziamento per quelle cene a casa della sua famiglia.

Ma Marina, proprio in quel periodo, comincia a cambiare: “A volte fissava il vuoto come se volesse sfogare la sua rabbia ma non ci riuscisse”. Inizia ad essere al centro delle attenzioni di Don Michele e prova a confidarsi con due amici parrocchiani, che però non le credono.

Uno dei due racconta: “La bambina mi fece una confidenza ‘sai in parrocchia c’è qualcuno che mi fa delle cose, è Don Michele, lui mi bacia’ e li per lì rimango stupefatta e dico: ma come? Ma ti bacia come bacia tutti quanti?”. E Marina risponde: “No, lui mi bacia qua”, e indica le labbra.

La piccola a un certo punto arriva a scrivere dei bigliettini di aiuto: “Ma quello che facciamo io e Don Michele si chiama sesso?”

Gli adulti però sembrano non voler credere a quei racconti così assurdi e allora lei prende il coraggio a due mani e decide di registrare con il telefonino gli audio.

“Io ti terrei dalla mattina alla sera qua se tua mamma fosse più consenziente”, le dice don Michele, che aggiunge: “Lo sai che ti voglio bene, vuoi un bacino?

La bimba cerca di fermarlo ma lui la rassicura: “Ma guarda che non c’è nessuno. Hai paura? Abbracciami, baciami”.

Qualche giorno dopo la piccola torna nell’appartamento del prete, proprio sopra la parrocchia. E continua a registrare.

Nell’audio si possono sentire sospiri, silenzi, rotti improvvisamente dal lamento della bambina, che dice “basta, basta”. A un certo punto Don Michele le dice: “Prendi questa per asciugarti”.

La parrocchiana con cui si era confidata la bimba, quando sente queste registrazioni, le dice di avvertire subito la mamma, ma Marina ha paura. Passano altri mesi, senza che nessuno la sottragga dalle sue mani e poi, il 2 febbraio 2019, c’è un nuovo incontro, durante il quale Marina decide di affrontare Don Michele.

“Quelle cose che noi facciamo, gradirei non continuare”, gli dice a muso duro ma lui liquida il tutto come “una storiella”.

“Così tu mi consideri una specie di malato mentale se mi tratti così”, le dice. “Non vorrei che tu mi vedi come uno che fa violenza ai bambini…” e le dice che sarebbe stata consenziente.

Qualche settimana dopo Marina confessa a Don Michele di aver raccontato di quegli abusi ai due parrocchiani, ma si sente comunque in colpa, perché è affezionata a lui. “Vorrei essere trattata come tutti gli altri bimbi, non pensate che ora vi odio”, gli scrive in un messaggio. Ma lui risponde: “Non dovevi farlo, perché adesso capiranno altre cose. Le cose si metteranno molto male. Vengo a casa tua a parlare con i tuoi genitori”.

Quando il parroco li incontra, alla presenza di Marina che continua a registrare, si difende così: “Tutti i bambini vengono vicino a me, mi danno un bacino e se ne vanno”. E rimprovera Marina: “Le bugie le sai dire. Mi hai capito che le bugie le sai dire? Sei come i kamikaze islamici, buttano una bomba, uccidono la gente e se ne vanno”. E la spaventa: “Il fango va a finire anche su quello che è la famiglia, su di te”.

Il prete è talmente abile con le parole che la madre di Marina, alla fine, se la prende con lei e la minaccia di portarla in un istituto. È il momento per Don Michele di insistere sulla piccola, intimandole di non parlarne più: “Puoi dire che tu hai inventato tutto al limite? Tutto, che io ti portavo nella stanza da letto… tutto. Allora… Noi togliamo questo casino di mezzo… noi facciamo finta che non è mai successo, non ne parliamo più ok?”

I parrocchiani però hanno deciso che la cosa deve finire e lo affrontano. “Lui impassibile, freddo ha detto ‘io ti posso assicurare che non sono andato a fondo’ dice lui’”. Che non ci sarebbe stata alcuna penetrazione, insomma.

Finalmente la madre di Marina apre gli occhi e va dal vescovo, mentre don Michele avrebbe confessato quelle violenze dicendosi pentito.

Resta il dolore di quella bimba innocente, a lungo non creduta e addirittura accusata di aver acconsentito alle violenze. Marina, a un certo punto, è anche arrivata a scrivere una lettera allo stesso Don Michele. Una lettera che Nina Palmieri decide di consegnare proprio al parroco, e che recita così: “Caro Don Michele con tutto il rispetto le volevo dire che un futuro con voi non lo voglio costruire. Io dentro di me mi sento scoppiare e non so fino a quando potrò resistere. Io non mi sento più una bambina, mi sento troppo grande”.

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