Vincenzo Lanni, fermato dai carabinieri, ha ammesso, durante un interrogatorio nella notte con la pm Maria Cristina Ria, di essere responsabile dell’aggressione alla manager 43enne a Porta Nuova a Milano. Un gesto maturato, secondo quanto riferito, dalla rabbia per l’allontanamento dalla comunità in cui era ospitato. “Ce l’avevo con gli operatori della comunità che mi hanno cacciato. E con chi dieci anni fa mi ha licenziato. Non conoscevo la vittima, l’ho scelta casualmente, ma per me era il simbolo del potere economico come piazza Gae Aulenti. Per questo l’ho colpita”. Così il 59enne ha spiegato le ragioni dell’attacco, descrivendo un’azione mirata a colpire ciò che lui ritiene un simbolo del benessere economico.
Accusato di tentato omicidio, l’uomo ha raccontato di aver pianificato l’aggressione “in un luogo simbolo del potere economico”. Ha inoltre riproposto alcune convinzioni già espresse in passato, quando nel 2015 aveva colpito con un coltello due anziani nel Bergamasco, mettendo in relazione quel gesto e l’attuale con la perdita del suo lavoro da tecnico informatico, descritta come l’origine della sua “caduta economica e sociale”.
Nel corso delle indagini, i carabinieri hanno rinvenuto la giacca indossata al momento del ferimento, abbandonata in un cestino di viale Famagosta, nella periferia sud di Milano. Lanni, conclusa la pena per il precedente reato, si trovava nella comunità del Varesotto nell’ambito di un programma di reinserimento.

