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Caduto nel pozzo e poi morto, la tragedia di Alfredino Rampi sconvolse l’Italia

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Era la sera del 10 giugno 1981 quando il papà del piccolo Alfredo, 6 anni, chiamava allarmato la polizia perché il figlio non era tornato a casa. Poi, la tragica scoperta: il bambino era caduto in un pozzo artesiano a Vermicino, vicino a Roma.

La notizia fu data al telegiornale l’11 giugno: data in cui cominciava un’estenuante e inutile corsa per salvarlo. Gli occhi di tutta Italia per 60 ore rimasero puntati sul piccolo paese alle porte di Roma. La vicenda cambiò per sempre il modo di intendere la televisione: il dramma di Alfredino si consumò in diretta tv sotto gli occhi degli italiani e l’annuncio della sua morte, dopo vari tentativi di salvarlo, fu dato tra le lacrime dal conduttore del Tg1 Massimo Valentini.

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A calarsi nel pozzo provò anche il 37enne Angelo Licheri, tipografo con un fisico minuto che, si pensava, gli avrebbe permesso di raggiungere il piccolo Alfredino e portarlo su con un’imbracatura. Un tentativo fallito, come gli altri. Dopo la morte del figlio, Franca Rampi fu ricevuta dal presidente Pertini e lo convinse della necessità di istituire una struttura nazionale che si occupasse di protezione civile: dalla tragica fine di un bimbo di sei anni nacque quindi la Protezione civile che tutti conosciamo.

LA SERIE TV SULLA RAI

Alfredino – Una storia italiana, la trama della fiction su Rai 1
Giugno 1981. La famiglia Rampi è in vacanza nella provincia di Roma a Vermicino presso Frascati. I coniugi Franca (Anna Foglietta) e Ferdinando (Luca Angeletti) hanno due bambini, Alfredo (Kim Cherubini) di 6 anni e Riccardo di 2. Una sera Ferdinando, tornando a casa, si rende conto che Alfredo – abituato a recarsi presso l’abitazione dei nonni, poco distante, attraversando i campi da solo – non è rincasato.

Iniziano subito le ricerche e i genitori vengono aiutati dagli abitanti delle case circostanti, ma Alfredino non si trova e Franca decide di avvertire la polizia. Grazie all’intuizione di uno dei poliziotti, che ricontrolla un pozzo artesiano chiuso malamente che era stato già ispezionato dal padre di Alfredino, il bambino viene trovato in fondo al pozzo. Appare subito evidente che Alfredino si trova ad una notevole profondità in quanto la sua voce si percepisce a malapena.

Vengono quindi chiamati i vigili del fuoco della stazione più vicina i quali, con una certa leggerezza e senza avere ispezionato prima il pozzo, provano a calare una tavoletta confidando che il bambino ci si possa aggrappare. Un tentativo che crea un ulteriore ostacolo all’accessibilità del pozzo, compromettendo così la possibilità di scendervi all’interno per recuperare il piccolo.

Nel frattempo gli inviati dei due telegiornali Rai accorrono sul posto e comincia una lunghissima diretta televisiva, il primo caso di tv del dolore. Con oltre 25 milioni di persone incollate a 18 ore di diretta e il microfono calato nel buio per far ascoltare ai telespettatori la voce di Alfredino che grida disperatamente aiuto.

La storia vera del bambino caduto nel pozzo
È stata una tragedia che ha cambiato per sempre l’Italia. Ora, a distanza di quarant’anni, vengono ricordati quei giorni del giugno del 1981 quando un paese intero “dimenticò” crisi di governo e lo scandalo della P2 per seguire davanti alla tv i tentativi disperati di salvare Alfredo.

Dopo che la notizia della caduta venne divulgata per la prima volta dall’agenzia Ansa, verso le 2 di notte dell’11 giugno, sul posto, fra i primi, arrivarono alcuni giornalisti di TeleRoma 56 e poi quelli della Rai. I telegiornali, il Tg1 e il Tg2, diedero la notizia della caduta nel pozzo durante le rispettive edizioni delle ore 13 del 12 giugno 1981. Da quel momento le due reti iniziarono a occuparsi quasi totalmente della vicenda.

Per l’Italia è stata la prima volta che un evento di cronaca veniva seguito con così tanto dispiego di mezzi. Un fatto che segnò soprattutto uno spartiacque nel mondo dei media e nelle modalità di fare televisione. Con la diretta non-stop infatti, sul luogo accorsero circa 10.000 persone morbosamente attratte dalla vicenda.

Si riunirono vigili del fuoco, speleologi, gente in cerca di visibilità e si superò anche il confine “umano”. Quando, senza rendersene conto, iniziò una spettacolarizzazione del dolore senza precedenti. Il Tg infatti mandava in onda in diretta i dialoghi fra la mamma di Alfredo e il piccolo che, a 30 metri di profondità, gridava disperato la sua paura e il suo dolore.

Seguirono giorni di confusione, speranze e tentativi disperati di salvare il piccolo. Prima provando a costruire un pozzo parallelo da dove poterlo tirare sù. Poi facendo calare in quel buco (largo solo 30 cm) volontari coraggiosi che hanno rischiato la vita pur di salvarlo. Ma tutto si rivelò inutile e, dopo più di due giorni di agonia, Alfredino morì la mattina del 13 giugno.

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