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Camorra. Anche i clan di Ponticelli dovevano sottostare all’Alleanza: gli affari grossi in mano ai Contini

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Una potenza fragorosa che poteva contare su affiliati di rilievo e di assoluta fedeltà al clan. E’ questa la ‘fotografia’ più chiara dell’Alleanza di Secondigliano e in special modo dei Contini, fatta dal procuratore capo Giovanni Melillo. Un potere che toccava ogni affare, ogni lavoro, un controllo così capillare che anche gli altri gruppi criminali non potevano altro che sottostare. E’ questo un particolare che emerge dalle circa 2mila pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che ha ricostruito l’enorme giro d’affari del ‘mostro a tre teste’ che teneva sotto giogo mezza Napoli.

Tra coloro che hanno aperto uno ‘spaccato’ sul ruolo di vertice svolto dal gruppo di Edoardo ‘o roman c’è Luigi Casella, un tempo ras dell’omonimo gruppo operante a Ponticelli:«Ricordo che nel 1999-2000 ci fu un incontro con esponenti del clan Contini tra cui una persona che chiamavano Mimì o’o merican. Anche Luciano Sarno favorì quell’incontro perchè bisognava decidere una volta per tutte come bisognava decidere la spartizione delle attività illecite. Voglio spiegare che noi eravamo in guerra con il clan Contini ma nonostante ciò Mimì ‘o merican e gli altri si fidarono di venire da noi perchè negli ambienti criminali vige la regola che se esponenti di clan rivali vanno in territorio di nemici per parlare devono tornare sani e salvi». Casella spiega come in quell’occasione giunse un’imbasciata proprio dal capoclan:«Nel corso dell’incontro gli esponenti del clan Contini portarono un’imbasciata del loro capo Edoardo Contini il quale ci faceva sapere che se si trattava di attività illecite non molto importanti noi potevamo fare quello che volevamo mentre in caso di lavori grossi restava la ‘supremazia’ dei Contini».

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