Ormai è ufficiale: il conto alla rovescia è terminato. L’Australia è il primo Paese al mondo ad aver imposto ai diversi social network l’obbligo di bloccare tutti gli utenti under 16. Una notizia divulgata in seguito all’approvazione di una legge – nota come Online safety amendment – approvata dal Parlamento di Canberra circa un anno fa – il 29 novembre 2024 – obbligando social network come Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, X, Snapchat, Reddit, Threads, Twitch e Kick ad assumere “misure ragionevoli” volte a contrastare la creazione o il mantenimento di profili da parte dei minori.
Le sanzioni previste? Le aziende inadempienti saranno soggette al pagamento di multe salatissime, che possono raggiungere i 49,5 milioni di dollari australiani – equivalenti a circa 30 milioni di euro. Tuttavia, resta ancora un nodo cruciale da sciogliere: come si metteranno in campo tutti quei processi di verifica dell’età degli utenti senza violare la propria privacy?
Si opta per un “approccio a cascata”
A tal proposito, la legge non ha previsto nessuna tecnologia in particolare. In ogni caso, l’autorità australiana addetta a garantire la sicurezza online guidata da Julie Inman Grant – l’eSafety Commissioner – qualche mese fa ha pubblicato alcune linee guida che definiscono le misure da adottare. Tuttavia, le singole piattaforme goderanno della massima libertà di scegliere quale strumento utilizzare. Stando a quanto reso noto, si è preferito optare per un “approccio a cascata“: dapprima, si incomincia con verifiche meno invasive – attraverso, ad esempio, l’analisi dei dati già in possesso delle aziende o il comportamento dell’account. Successivamente, sarà la volta di controlli più stringenti, da assumere solo se strettamente necessario. Così, un utente iscritto a Facebook nel 2004 – anno di lancio della piattaforma – non avrà più la necessità di ulteriori verifiche, dal momento che l’anzianità del profilo rileverà che ha un’età nettamente superiore ai 16 anni.
In caso di maggiori incertezze, fondamentale sarà l’analisi dei tratti del volto
Ancora, in caso di maggiori incertezze, le piattaforme possono fare ricorso ad altri dispositivi capaci di effettuare una stima dell’età basati sull’intelligenza artificiale. In tal senso, l’analisi dei tratti del volto attraverso video selfie sarà fondamentale. Meta utilizza Yoti – un sistema britannico già in uso nel Regno Unito, in Francia e persino in Italia. Snapchat, invece, si affida a due sistemi nel dettaglio: ConnectID, che verifica l’identità attraverso i dati bancari, e K-ID, che si avvale della scansione di documenti d’identità combinata con quella del volto.
Del resto, non si può non segnalare come la legge abbia imposto il divieto di utilizzare soltanto il documento d’identità per la verifica. Il motivo? Si tratterebbe di una tecnica, che a lungo andare, determinerebbe la raccolta e la conservazione di molteplici dati personali sensibili; lo scopo, infatti, è quello di limitare al massimo le varie informazioni trattate, sottoponendo ad un attento esame solo ciò che è strettamente necessario, come l’età. Inoltre, stando a quanto pubblicato da The Conversation, le piattaforme dovranno predisporre anche alcuni sistemi finalizzati a correggere eventuali errori, mettendo a disposizione degli utenti la possibilità di scegliere tra più metodi di verifica.
I dubbi sull’efficacia
Comunque, è opportuno sottolineare come il caso australiano non sia immune da critiche e da dubbi, che imperversano sui social e che scuotono l’opinione pubblica globale. Infatti, alla luce dell’ultimo sondaggio pubblicato l’anno scorso e condotto su larga scala da parte del Sidney Morning Herald – una delle testate giornalistiche più in voga in tutta l’Australia – a fronte di una consistente percentuale di australiani che appoggia caldamente il divieto – pari al 70% – vi è un 58% della popolazione che non ripone alcuna fiducia nell’effettivo funzionamento delle misure adottate.
Ancora, lo stesso quotidiano ha messo in risalto come l’uso dei social network sta sensibilmente diminuendo tra la popolazione giovanile, nonostante vi sia un terzo dei genitori che ha già affermato la volontà di rimanere al fianco dei propri figli al fine di raggirare le restrizioni imposte. Ancora, non si possono sottovalutare le grandi difficoltà delle tecnologie di stima dell’età nell’ambito del processo di identificazione di tutti i casi limite. I quindicenni e i diciassettenni, del resto, presentano tratti somatici piuttosto simili. Dunque, i margini di errore possono essere ancora significativi.
La corsa contro il tempo delle piattaforme social
In un simile quadro, la corsa delle piattaforme social è ormai iniziata. Meta, ad esempio, ha anticipato la scadenza, intraprendendo un processo di disattivazione degli account già dal 4 dicembre. Secondo i dati comunicati dall’azienda, circa 350mila utenti di Instagram e 150mila di Facebook compresi nella fascia 13-15 anni sono stati rimossi, per un totale di circa mezzo milione di profili. Gli adolescenti sono stati caldamente invitati a scaricare i propri contenuti, ricevendo alcuni avvisi attraverso email e alcuni messaggi in-app a partire dal 19 novembre. In ogni caso, i profili verranno conservati e potranno essere riattivati non appena compieranno i16 anni. Twitch, aggiunta alla lista delle piattaforme soggette a restrizioni solo il 21 novembre, ha annunciato che completerà la rimozione degli account entro oggi, 9 gennaio.
L’Australia si spacca in due
Tuttavia, nonostante l’eSafety Commissioner abbia posto le mani avanti – affermando che nessuna tecnologia presenta un’efficacia al 100% e che qualunque margine di errore potrà essere sempre corretto nel corso del tempo – le critiche non hanno di certo risparmiato il provvedimento. A tal proposito, emblematica è stata l’opposizione condotta dall’associazione australiana per i diritti digitali Digital freedom project, che lo scorso 26 novembre ha presentato un ricorso alla corte suprema australiana – la High Court.
L’organizzazione ha infatti evidenziato come una simile misura comporterebbe una grave violazione del diritto implicito alla comunicazione politica previsto dalla costituzione. I ricorrenti in questione sono due quindicenni: Noah Jones e Macy Neyland. Tuttavia, il governo ha annunciato che non si lascerà spaventare da delle simili “provocazioni”. Insomma, in un simile scenario è come se l’Australia si fosse spaccata in due – tra le istanze del Governo del Commonwealth, portate avanti dalla ministra Anika Wells, e le richieste della cittadinanza.
Un fenomeno globale
In ogni caso, ciò che sta accadendo dall’altra parte del mondo non è assolutamente un dato isolato, circoscritto, ma aiuta a comprendere alcune logiche di attuazione e diverse criticità operative attive anche in altri Paesi. A tal proposito, si ricordano la Malaysia e la Nuova Zelanda, che stanno preparando leggi sostanzialmente molto simili. Ancora, anche il Parlamento europeo ha votato durante il 26 novembre per una risoluzione volta a chiedere ai Paesi membri di fissare a 16 anni l’età minima. Concentrando lo sguardo, invece, sulla singola Italia, al Senato è in esame un ddl che ha proposto di alzare la soglia per creare un account dai 14 ai 15 anni. Non si può di certo dimenticare, del resto, come dal 12 novembre l’Agicom abbia imposto l’obbligo della verifica dell’età per tutti i siti pornografici – con una scadenza fissata al primo febbraio 2026 per numerosi portali come Pornhub e OnlyFans.


