Redatta una lettera della camera degli avvocati penalisti napoletani “Sebastiano Fusco” sul tema delle morti in carcere. La Camera degli Avvocati penalisti “Sebastiano Fusco” nacque nel 2023 In occasione di una tavola rotonda che si svolse nel Palazzo di Giustizia di Napoli, organizzata al fine di analizzare gli aspetti cruciali della Riforma Nordio. I destinatari sono i vertici dello Stato e del Governo.
La lettera
«Ancora una volta restiamo tramortiti dall’ennesima morte – scrivono gli avvocati penalisti napoletani, facendo riferimento – alla 54esima impiccagione, quella di un giovane detenuto nel carcere di Firenze, di poco precedente al suicidio del giovane Joseph nel carcere di Pavia». «I detenuti gridano con la vita – si legge ancora nella missiva – lo Stato guarda da lontano e risponde con norme mute. Lo stesso che legittimamente li ha arrestati, illegittimamente li ha privati della dignità e della speranza. Tante, Troppe sono le vittime di una macchina più propensa a segnare i numeri dei processi finiti che ad adeguare la sanzione detentiva alla personalità del reo».
Fusco», «si è persa la dimensione umana dei processi, che rilevano solo come numero di una statistica. Ancora oggi – continuano – nonostante il profluvio continuo di riforme normative, il processo penale resta la pena più grave che il soggetto indagato, imputato debba subire, abbandonato a se stesso nella fase più critica e delicata, quella della esecuzione della pena».
«In carcere e di carcere si muore!. Responsabile è lo Stato per l’eccesiva burocratizzazione di ogni aspetto della vita del soggetto sottoposto al processo e del condannato. Responsabile è la Politica, inappetente e sbrigativa sul tema delle condizioni dei detenuti. Troppe volte si è persa l’occasione di una nuova riforma che adegui il sistema di detenzione ordinario al senso di umanità;
intervenga concretamente sullo stato e condizioni degli istituti di pena; destini risorse finanziarie ed umane a chi si occupa di esecuzione. Avvilisce la pochezza di chi non conosce la realtà detentiva o peggio di chi preferisce non investire in tale settore non ritenendo meritevole di interesse l’attuazione di un sistema che esalti la funzione rieducativa della pena».


                                    