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La falsa dissociazione di Enzuccio Moccia, confessò gli omicidi per evitare l’ergastolo

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Tutto iniziò con l’ascesa criminale di Raffaele Cutolo che costrinse i clan Alfieri, Fabbrocino, Bardellino, Moccia, Giuliano e Vollaro ad allearsi. Nacque così la Nuova Famiglia, un’organizzazione composta da più famiglie che, seppur fra loro coalizzate, restavano autonome continuando ad esercitare il loro potere nei territori d’origine.

Questo cartello criminale si scontrò apertamente contro la Nuova Camorra Organizzata nella cosiddetta nella prima guerra di camorra che, tra il 1979 ed il 1983, fece registrare oltre 1000 morti. Il 29 gennaio 1983 l’omicidio di Vincenzo Casillo, luogotenente del boss di Ottaviano, segnò la definitiva sconfitta dei cutoliani e la possibilità per i vincitori di estendere il proprio potere sul vasto territorio precedentemente controllato dai nemici. Quell’alleanza si ruppe sfociando in una seconda sanguinaria guerra.

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LA STRATEGIA DELLA DISSOCIAZIONE

Il pentimento dei boss della Nuova Famiglia, Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, indussero Angelo e Luigi Moccia, quest’ultimo nel frattempo arrestato perché ritenuto anch’egli organico alla N.F, ad iniziare la dissociazione. Si tratta di una raffinata strategia processuale tesa a conciliare due esigenze apparentemente antitetiche: la “negoziazione processuale” con l’autorità giudiziaria per evitare la condanna all’ergastolo e il mantenimento di un saldo legame criminale con il clan d’origine.

I due fratelli si resero conto dell’impossibilità di contrastare con operazioni di tipo
militare l’apporto alle indagini fornito dai collaboratori di giustizia, facendogli sorgere così la consapevolezza delle loro posizioni processuali. In particolare Angelo Moccia scelse la strada della dissociazione dalla camorra per poter evitare la condanna all’ergastolo.

LA SCELTA DELLA DISSOCIAZIONE E LA CONFESSIONE DEGLI OMCIDI

Pur non attestandosi sulle posizioni di irriducibilità del direttivo della Nuova Famiglia, i due Moccia non iniziarono a collaborare con la giustizia ma vollero accreditarsi come ex camorristi pronti a chiudere i conti col passato. Dunque si limitarono a confessare i propri reati, senza peraltro effettuare alcuna chiamata in correità nei confronti di altre persone, a meno che non fossero collaboratori di giustizia o già deceduti.

Dunque Angelo riconobbe di aver assunto la gestione camorristica dell’hinterland di Afragola e di aver partecipato agli omicidi dei fratelli Francesco ed Umberto Giugliano, di Alfonso Catapano, di Antonio Catapano, di Carmine Carnevale e Francesco Graziuso, di Giuseppe Ruocco e Domenico Sarmino, di Antonio Malvento e Giuseppe Cacace. Invece Luigi ammise di aver svolto le funzioni di vicario nei periodi di latitanza o di detenzione del fratello e di aver partecipato alle riunioni del direttivo della Nuova Famiglia.

L’APPARENTE DISSOCIAZIONE DI ENZUCCIO MOCCIA

Nel novembre 2000 la Sezione della Corte di Assise di Napoli condannò i fratelli Angelo, Luigi ed Antonio Moccia per aver promosso ed organizzato un’associazione camorristica operante ad Afragola “fino al 1998″ , federata al più esteso aggregato criminale denominato Nuova Famiglia. Quel verdetto dei giudici certificò l’esistenza del clan Moccia fino a tutto il 2000 e la sua sostanziale operatività a fino tutto il 1998. D’altro canto smentì la tesi difensiva secondo cui Angelo Moccia avrebbe intrapreso “la carriera di camorrista” al solo fine di vendicare l’uccisione del padre Gennaro e accertò che la “dissociazione” di Angelo sia stata solo “apparente” e motivata da ragioni esclusivamente utilitaristiche.

ANGELO DETTO ENZUCCIO

Angelo Moccia, detto Enzuccio, venne scarcerato nel marzo del 2015 e affidato in prova ai servizi sociali fino all’aprile 2016. E’ risultato sottoposto dall’8 giugno 2016 al 22 dicembre 2017 alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno sulla base del decreto del Tribunale di Napoli Sezione Misura di Prevenzione in emesso il 10 dicembre 1990.

La posizione di vertice ricoperta in passato da Angelo nel clan Moccia emerge chiaramente nell’ultima ordinanza dei magistrati, leggi l’approfondimento, dalla quale si palesa la “strategia” e delle “reali finalità” del progetto di dissociazione promosso proprio dal boss Enzuccio, poi affiancato dal fratello Luigi. Il cambio di marcia venne determinato sulla base delle sentenze passate in giudicato e dalle parole dei collaboratori di giustizia già dichiarati attendibili. Quindi l’inedita strategia avrebbe rappresentato un tentativo per mettere un freno al fenomeno della collaborazione così da evitare il carcere a vita.

LE PAROLE DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA

In merito alla dissociazione di Angelo Moccia, il collaboratore di giustizia Antonio Zaccaro riporta ai magistrati le informazioni ricevute direttamente dal boss afragolese, apprese durante un periodo di comune detenzione tra il 2002 e il 2003. Nel verbale del 24 ottobre 2013 dichiarò: “Angelo Moccia diceva in carcere nel 2003, e anche a me, che aveva in giro ancora 100 persone libere a lui fedeli. E questo ne faceva un boss temuto e rispettato anche quando sbandierava la sua dissociazione. Del resto era significativo che pure essendo Angelo, diciamo così, un collaboratore, lui stava tranquillamente in sezione nel carcere di Secondigliano“.

Dichiarazioni ancora più dettagliate sono contenute nei verbali del 14 novembre e del 26 novembre 2013: “Conosco personalmente tutti e tre i fratelli Moccia di cui Lei mi chiede, lì ho conosciuti in carcere: Angelo Moccia stava a Voghera e veniva per i processi a Secondigliano, mentre i fratelli Luigi e Antonio venivano a fare ì colloqui con Angelo e mi vennero presentati. A quell’epoca, a Secondigliano potevo passeggiare e stare insieme ad Angelo Moccia. Lui mi spiegò le ragioni della sua dissociazione, determinata dalla necessità di evitare l’ergastolo”. E poi aggiunge “Mi risulta che Angelo Moccia, anche da detenuto era il più autorevole dei fratelli, molto ascoltato dalla sua famiglia e rispettato anche nel carcere

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Alessandro Caracciolo
Alessandro Caracciolo
Redattore del giornale online Internapoli.it. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti dal 2013.
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