«Giustizia non solo per mio fratello, per nostra made e per la nostra famiglia, ma anche per tutta la comunità dei sordi che si è sempre contraddistinta per la sua inclusione. Un concetto che, evidentemente, non ha mai pervaso gli autori che hanno portato alla morte di di Ettore». Marta Crò è la sorella del 53enne biker napoletano morto martedì all’ospedale Ruggi di Salerno dopo 20 giorni di agonia a seguito della sparatoria avvenuta nella notte tra il 14 luglio e il 15 scorsi a Paestum durante il “Deaf International Festival 2024”, ogni edizione ospitato in una location diversa. A sparare due soggetti di Qualiano, Gaetano e Raffaele Ciccarelli, anche loro affetti da sordità e ora accusati di tentato omicidio plurimo e detenzione e porto abusivo di armi da sparo.
Il ricordo di Marta
Il dolore di Marta, di Giovanni, uno degli altri fratelli di Ettore, è composto. Nonostante la sofferenza atroce, la loro dignità è qualcosa di tangibile, da cui trarre grande insegnamento. La priorità della famiglia Crò’, oltre a quella di chiedere di punire i responsabili della sparatoria, è quella di ricordare lo spessore umano di Ettore, scomparso tragicamente.
«Ettore – ricorda Marta mentre scorre le foto di suo fratello sul cellulare – era uno di quelli che si è sempre prodigato per tutta la comunità, non solo per quella dei sordi. Mio fratello era amato dal popolo, dal nostro quartiere e dall’Italia intera. Con il suo modo di fare si è fatto apprezzare da tutti, come si è visto negli ultimi giorni con l’organizzazione del festival dei sordi a Paestum in cui erano presenti all’incirca 1000 persone. Tutte loro, oggi, sono intorno alla nostra famiglia nonostante abbiano dovuto assistere all’accaduto» e cioè all’agguato in cui è rimasto vittima.
L’accaduto
Pur con il cuore pesante, Marta riepiloga cosa è accaduto in quella tragica notte di Paestum per far comprendere l’assurdità della vicenda.
«Nel corso dell’ultima sera del festival, tutti erano riuniti in questo grande salone per festeggiare quando d’improvviso sono arrivati questi due sordi che purtroppo facevano parte di questa comunità in cui tutti i componenti si ritengono fratelli. Evidentemente, questi erano fratelli diversi perché hanno avuto la facilità di creare un litigio».
In pochi minuti, il caos. Prosegue Marta Crò: «Hanno invitato Ettore ed altre persone a uscire dal teatro della festa per avere un chiarimento atteso da anni. Questi due individui lamentavano il fatto di essere stati escluse dalla comunità dei sordi. Se ciò accadeva, è perchè i personaggi davano una sensazione di pericolosità, come hanno confermato con il loro gesto. Ad ogni evento – prosegue Marta – si presentavano per litigare, creare disagi. Nell’ultima discussione hanno scatenato l’inferno, cominciando a sparare e colpendo mio fratello con 5 proiettili. Hanno ferito anche altri due presenti. Uno di loro è ancora in fin di vita e l’altro per fortuna si è salvato tornando felicemente a casa sua (e noi ne siamo felici). Dopodichè i due autori si sono allontanati».
I due Ciccarelli si sono resi irreperibili in un primo momento, prima di costituirsi alla caserma dei carabinieri della tenenza di Scafati.
“Ettore figlio di Napoli”
A ricordare Ettore non solo al comunità dei sordi di cui faceva parte, ma anche tutti quegli amici e conoscenti a cui non negava mai un sorriso, un sostegno, un gesto d’altruismo. Ad omaggiarlo con uno striscione anche il gruppo dei Fedayn della Curva B. “R.i.p. Ettore, figlio di Napoli. I Fedayn ti rendono omaggio” è la scritta comparsa nelle scorse ore di fronte l’appartamento in cui Ettore abitava, nel centro storico di Napoli.
Marta Crò conferma tiene a sottolineare ancora una volta la personalità candida di suo fratello scomparso. «Ettore era uno di quelli che si è sempre prodigato per tutta la comunità, non solo per quella dei sordi. Era amato dal popolo, dal nostro quartiere e dall’Italia intera. Era riuscito a portare 1000 persone al festival di Paestum. Viveva la sua esistenza accompagnato da un desiderio perenne di giustizia, non solo contro la discriminazione del mondo dei sordi ma anche organizzando feste per i bambini e gli ammalti. E lui ha pagato con la sua stessa vita questa volontà di portare gioia» conclude Marta.