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venerdì, Aprile 19, 2024
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Ciccio Mallardo a capo dell’Alleanza di Secondigliano, dopo l’arresto di Bosti decise chi doveva comandare

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Nell’operazione eseguita oggi contro il clan dell’Alleanza di Secondigliano in particolare è emersa la leadership di Francesco Mallardo, storico boss di Giugliano. Quando Patrizio Bosti finì in carcere le redini del clan passarono al figlio Ettore Bosti ‘o russ. La gestione di quest’ultimo peró – come ricostruito dagli inquirenti – creò tensioni all’interno del clan e così Francesco Mallardo fu incaricato di commissionare il gruppo affidando le redini della reggenza a Vincenzo Tolomelli. 

 

La figura di Ciccio Mallardo

Ha avuto l’impronta del boss di vecchio stampo, ma anche la capacità di capire che per comandare non bisognava più usare la lupara ma il blocchetto degli assegni. Questo in sintesi il profilo di Francesco Mallardo, che ha portato l’omonima cosca ad essere da clan di provincia ad una delle organizzazioni criminali più potenti d’Italia, con ramificazioni anche al Nord.
Nato il 1 aprile 1951, Francesco Mallardo, detto Ciccio ’e Carlantonio, è tra i fondatori a metà degli anni Novanta, dell’Alleanza di Secondigliano composta insieme ai Licciardi ed i Contini. Il boss Mallardo ha bazzicato negli ambienti criminali fin da giovanissimo. Aveva solo 16 anni quando fu ucciso il padre Domenico, contrabbandiere di sigarette.
Di quel delitto vennero accusati gli esponenti del clan Maisto, contro cui si innescò una sanguinosa lotta che portò a decine di omicidi e ferimenti negli anni Ottanta nel territorio Giuglianese. Alla fine i Mallardo vinsero la guerra ed i Maisto furono costretti ad abdicare il loro potere sul territorio.

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Da quel momento iniziò la cavalcata criminale dei fratelli Mallardo, insieme al cugino Feliciano, deceduto da qualche mese. La sua carriera criminale risale tra la fine degli anni ‘70 e gli inizi degli anni ‘80. Dopo aver partecipato alla guerra scatenata dalla Nco Cutolo, creò il cartello di Secondigliano. Oltre ad essere soci in affari, Mallardo strinse anche legami di sangue. Il primo arresto risale al 1992, quando la polizia lo beccò nel Parco Nuovo Mondo a Campopannone a Giugliano. Lì doveva incontrarsi con Licciardi. La detenzione, però, durò pochi anni. Nel ‘99 fuggì dall’ospedale di Giugliano, dove era ricoverato avendo subito un infarto nel carcere. Inserito tra i trenta più pericolosi ricercati dalla Direzione centrale della polizia criminale, dopo un anno di latitanza, il 14 aprile 2000, Francesco Mallardo viene nuovamente arrestato in un casolare di campagna mentre è a tavola con altri 12 esponenti dell’Alleanza di Secondigliano. Ciccio ‘e Carlantonio finse un attacco di cuore per evitare l’arresto ma viene comunque catturato dalle forze dell’ordine. L’ultimo arresto risale al 29 agosto 2003, di ritorno dalle vacanze, a bordo di una multipla in compagnia della moglie e delle tre figlie (di 29, 18 e 17 anni), sull’autostrada A30, la Salerno-Caserta. All’alt della polizia, nei pressi dell’uscita di Nola, Mallardo finse prima di obbedire, poi tentò la fuga, infine fu fermato dai militari che esploseso alcuni colpi di pistola e riuscirono a colpire una gomma.

Nel dicembre 2006 la Cassazione, su ricorso dei legali dei Mallardo, dispose la sua scarcerazione per decorrenza dei termini di carcerazione cautelare. Non fece in tempo a uscire che la Direzione investigativa antimafia di Napoli gli notificò un decreto di fermo, con l’accusa del triplice omicidio di Antonio Maisto, Pietro Granata e Raffaele Smarrazzo, uccisi l’11 aprile del 1987 (in concorso col fratello Giuseppe – detenuto a Sulmona -, come mandanti, e alcuni esponenti dei casalesi, tra cui il capo Francesco e il fratello Walter, come organizzatori ed esecutori materiali). Per l’omicidio lui e il fratello sono stati assolti. L’ultima condanna risale al 5 ottobre 2010, in via definitiva per sequestro di persona a scopo di estorsione – riscatto, due miliardi, di Gianluca Grimaldi.

Per anni detenuto al 41 bis prima nel carcere di Opera e poi a L’Aquila, stava scontando gli ultimi mesi di misura di sicurezza della casa lavoro, quando, nel marzo 2014, i giudici gli hanno concesso la detenzione domiciliare per motivi di salute su richiesta presentata dal suo legale Giampaolo Schettino. Le condizioni di salute di Mallardo furono ritenute dai magistrati meritevoli di attenzione, Secondo il procuratore aggiunto della Dda, Filippo Beatrice, il capoclan aveva approfittato delle sue patologie per continuare, dai domiciliari, a dirigere il clan e per questo andava rinchiuso di nuovo in carcere.

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