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sabato, Maggio 4, 2024
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Ladro pestato dopo il furto alla moglie del boss, il figlio: “L’ho macinato”

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L’8 settembre del 2021 i ladri colpirono la moglie del boss Michele Micalizzi. I banditi, ignari dell’identità della vittima, entrarono in azione allo Zen di Palermo rubando l’auto della donna. Il capomafia in due ore scoprì gli autori del colpo e li punì, dettaglio dell’ordinanza riportato da il Giornale di Sicilia. Il particolare per il gip dimostrerebbe una  “plateale dimostrazione del potere criminale” del mafioso, che emergerebbe dall’inchiesta della Dda di Palermo che oggi ha portato a 11 arresti tra i quali quelli di Micalizzi e del figlio.

I banditi sono stati costretti a riconsegnare l’automobile alla consorte del boss, ma prima uno dei responsabili venne selvaggiamente picchiato dagli uomini del boss. Il figlio di Micalizzi, Giuseppe, e un complice rassicurano il capomafia e la moglie, presenti vicino al luogo del pestaggio, di aver dato una dura lezione al bandito. “Tu mi devi dire grazie. Sei vivo… l’ho macinato… l’ho ammazzato”, dice non sapendo di essere intercettato.

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OPERAZIONE ANTIMAFIA

Stamane all’alba nelle città di Palermo e nella provincia di Belluno, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo, hanno dato esecuzione a 11 ordinanze di custodia cautelare, di cui 8 in carcere e 3 agli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico, disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, consumata e tentata, con l’aggravante del metodo e delle modalità mafiose, nonché per il delitto di tentato omicidio aggravato.

L’operazione costituisce l’esito di un’articolata manovra investigativa, focalizzata sul mandamento mafioso palermitano di Tommaso Natale, che ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario in ordine all’appartenenza degli indagati alle famiglie mafiose di Partanna Mondello, Tommaso Natale e Zen-Pallavicino, alcuni dei quali, posti in posizione di vertice, già condannati in passato in via definitiva per il reato associativo mentre altri, a disposizione dei primi, si sono adoperati per favorire, partecipandovi, le dinamiche interne al sodalizio.

L’INDAGINE DELL’ANTIMAFIA

Grazie all’importante dispositivo di contrasto a Cosa Nostra di cui si è dotato il Comando Provinciale Carabinieri di Palermo, nonché al ricorso sistematico alle più sofisticate tecnologie di captazione, è stato possibile superare le continue accortezze poste in essere dagli indagati al fine di sottrarsi alle investigazioni, arrivando ad ottenere acquisizioni di elevatissimo pregio e assoluta genuinità che hanno confermato, ancora una volta, la piena operatività dell’associazione nel suo complesso. L’indagine, condotta sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha consentito di acquisire un grave quadro indiziario nei confronti dei destinatari del provvedimento.

LA STRUTTURA DEL MANDAMENTO MAFIOSO

Ricostruita la struttura del mandamento mafioso di Tommaso Natale-San Lorenzo, nonché delineare l’organigramma delle collegate famiglie di Pallavicino-Zen, Partanna Mondello e Tommaso Natale, al vertice di quest’ultima, secondo gli investigatori, si troverebbe il genero di uno storico uomo d’onore, assassinato dai “corleonesi” durante la seconda guerra di mafia individuandone vertici e sodali.

Individuati i canali di interlocuzione del sodalizio con le altre articolazioni territoriali di cosa nostra palermitana operanti nei territori confinanti;
accertare la commissione di diversi episodi estorsivi finalizzati all’alimentazione delle casse dell’associazione, mediante l’imposizione di servizi di vigilanza e delle forniture di pesce e frutti di mare a molti ristoratori di Mondello e della borgata di Sferracavallo.

TENTATO OMICIDIO DEL FRATELLO

Delineata la pregnanza dell’associazione mafiosa nella vita di tutti i giorni, evidenziando una serie di interventi dei vertici dell’ organizzazione mafiosa chiamati in causa per dirimere privati dissidi tra comuni cittadini o per tutelare gli interessi degli esercenti commerciali che sottostavano al pagamento del pizzo in cambio di protezione.  Fatta luce sul movente di un tentato omicidio commesso da uno degli affiliati nei confronti del proprio fratello, con il successivo intervento delle più carismatiche figure del mandamento mafioso per il ricomponimento dei dissidi familiari che avevano portato al tentativo di omicidio.

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