Si è tenuta stamattina l’udienza di convalida del fermo emesso dalla Procura di Napoli nei confronti di Renato Caiafa, il giovane di 18 anni accusato di possesso e ricettazione di una pistola calibro 9, ritenuta l’arma dalla quale è partito accidentalmente il colpo che ha provocato la morte di Arcangelo Correra.
L’udienza si è tenuta presso il carcere di Poggioreale, dove Caiafa è attualmente detenuto. Il giovane, assistito dall’avvocato Giuseppe De Gregorio, ha risposto alle domande del giudice riguardo le circostanze che hanno portato al tragico incidente avvenuto nelle scorse ore.
Caiafa avrebbe trovato l’arma sullo pneumatico di una vettura parcheggiata nei pressi della piazzetta di via dei Tribunali. Mentre stava maneggiando la pistola, il colpo sarebbe partito accidentalmente, colpendo Arcangelo alla testa. Ma la circostanza del ritrovamento casuale della pistola non convincerebbe gli inquirenti.
LA RICOSTRUZIONE DELL’INDAGATO
Quando Renato Caiafa si è presentato presso la questura di Napoli, ha reso subito spontanee dichiarazioni
“Verso le ore 02:30 circa io, Arcangelo e Nasti Giuseppe ci siamo recati presso i baretti a Chiaia per trascorrere qualche ora insieme. Preciso che io era a bordo del mio motociclo SH mentre Arcangelo e Giuseppe erano a bordo del loro motociclo SH di colore bianco. Verso le ore 04:30 siamo ritornati nel quartiere Forcella e ci siamo fermati a Piazza Sedil Capuano. Preciso che in Piazza eravamo io, Arcangelo e Giuseppe. Mentre io con i miei amici scherzavamo, abbiamo notato che sulla ruota di una macchina, di cui non ricordo il modello, parcheggiata in piazza da tanto tempo, vi era una pistola. Mi sono avvicinato all’arma e l’ho presa ed ho iniziato a scherzare con i miei due amici che volevano vederla; è stato proprio in questo frangente che, improvvisamente, dall’arma è partito un colpo che ha colpito Arcangelo, il quale ha iniziato a perdere un sacco di sangue.
A quel punto io e Giuseppe abbiamo caricato a bordo del motociclo SH bianco di quest’ultimo il nostro amico Arcangelo ed in tre siamo corsi all’ospedale Pellegrini. Una volta giunti in ospedale, to e Giuseppe abbiamo affidato Arcangelo alle cure dei medici ed immediatamente dopo, preso dalla paura, mi sono allontanato a piedi. Nei pressi dell’ospedale poi chiesto un passaggio ad uno sconosciuto che, con il suo motociclo, mi ha accompagnato nei pressi dell’hotel Romeo, dove li ho chiamato a mio zio al quale ho raccontato l’accaduto, ma questi mi ha subito chiuso la chiamata; allora a piedi mi sono recato a casa di mia zia Caiafa Antonella, al Vico Consiglio, dove mi sono cambiato e gli abiti che avevo, ormai sporchi di sangue, li ho buttati. Preciso che in Piazza Sedil capuano ho lasciato sia il mio motociclo sia la pistola che ha sparato. Preciso ulteriormente di aver detto a mio zio che in Piazza vi erano sia l’arma sia il motociclo e, successivamente, questi mi ha detto che ha provveduto lui a recuperare il mio motociclo. Voglio far presente che io ed Arcangelo siamo amici da tredici anni circa, siamo andati a scuola insieme ed è una persona con cui ho condiviso tutta la mia infanzia e adolescenza. Arcangelo è come un fratello per me e quanto accaduto è stato un tragico incidente”.