Sono durati oltre 8 ore i rilievi della scientifica nell’appartamento del rione Ice Snei di Acerra, dove nella notte tra il 15 e il 16 febbraio scorsi la piccola Giulia Loffredo, una bimba di nove mesi, è stata aggredita mortalmente dal pitbull di famiglia.
Gli investigatori hanno lasciato l’abitazione al primo piano della scala 8 del rione intorno alle 18:30, dopo essere entrati alle 10 del mattino. Durante il sopralluogo, hanno raccolto nuovi elementi che potrebbero rivelarsi utili per chiarire quanto accaduto in quella casa. Lasciando l’abitazione, gli esperti della scientifica tenevano tra le mani alcuni sacchi contenenti verosimilmente ulteriori reperti. Tra gli altri, scrive Il Corriere del Mezzogiorno, un guinzaglio appartenuto a uno dei due cani della famiglia. Successivamente, la polizia ha ripristinato i sigilli sulla porta dell’appartamento.
Nel corso del primo sopralluogo avvenuto la settimana scorsa, l’appartamento era stato trovato ritrovato pulito dalle tracce sangue. A lavare via le tracce, secondo quanto riferito da Vincenzo Loffredo, il papà della piccola indagato per omicidio colposo, sarebbero stati alcuni parenti entrati in casa prima dell’apposizione dei sigilli. I rilievi serviranno anche a capire se nell’appartamento sono rimaste tracce dell’aggressione così come raccontata dal papà.
Il legale del 24enne, Luigi Montano, ha richiesto alla procura di Nola un nuovo interrogatorio del giovane, ancora da fissare, per chiarire chi abbia alterato la scena dell’aggressione. Secondo le ricostruzioni fornite da Vincenzo al suo avvocato, alcuni parenti potrebbero aver ripulito l’appartamento prima che venissero apposti i sigilli per il sequestro dell’abitazione.
Il racconto del primo medico che ha visitato Giulia
Dopo aver afferrato il collo della piccola Giulia tra le sue fauci, il pitbull “l’ha sballottata fino a spezzarle il collo”. È il racconto di Emanuele Leo, il medico che per miro ha visto la piccola quando il padre l’ha portata in ospedale la notte del 15 febbraio scorso alla Clinica Villa dei Fiori di Acerra. A quel punto, ha spiegato il dotto a Il Mattino, la bimba di nove mesi era già morta da mezz’ora.
“Abbiamo comunque provato a rianimarla. In quei frangenti ci siamo messi la mano sulla coscienza e ci siamo detti ‘vediamo in ogni caso cosa si possa fare’. La bimba però è arrivata da noi già con la noce del collo rotta”, ha spiegato il medico del pronto soccorso. Che l’arresto cardiaco fosse in corso da diverso tempo, era evidente anche dalla pelle della piccola. “Le marezzature sono dei segni clinici che evidenziano il fatto che la persona è già da diverso tempo in arresto cardiaco e che quindi a quel punto la pelle già comincia a colorarsi di strisce rossastre: la bambina era in arresto cardiaco almeno da venti minuti, mezz’ora“.