C’era una prova. Una prova che serviva a Paolo Di Lauro per saggiare la fedeltà dei suoi sodali e soprattutto per capire chi trasgrediva l’unica ‘legge sacra’ del gruppo di Secondigliano: gli affiliati di rango non dovevano fare uso di droga. Per controllare se qualcuno faceva uso di cocaina il boss aveva ideato un piano. Di notte si prelevavano le persone per portarle al suo cospetto. Quest’ultimo gli metteva un piatto di pasta davanti e se questo non mangiava perché non aveva appetito (conseguenza di chi utilizza cocaina) veniva cacciato dal clan. Una regola non scritta ma che per i vertici del clan Di Lauro era fondamentale. Questo passaggio è stato più volte citato anche dai collaboratori di giustizia. Celebri i racconti di Maurizio Prestieri, ex numero due del gruppo di via Cupa dell’Arco:«Di Lauro ha un tesoro di pietre preziose: smeraldi, topazi, rubini, lapislazzuli e soprattutto diamanti. Macchine e ville le possono sequestrare, le banconote con il tempo si ammuffiscono, ma i diamanti restano per sempre e con quelli conservati nelle bottigliette di Di Lauro si può lastricare l’autostrada Napoli-Roma».
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