È l’inizio degli anni ’60, un giovane rigattiere di Pompei porta a casa una tela arrotolata trovata in una cantina di una villa di Capri. Il dipinto ritrae il volto scomposto di una donna. Un oggetto come tanti per chi per lavoro svuota appartamenti ed è abituato a vedersi passare tra le mani le vite delle persone.
Non sapeva di avere un tesoro in salotto
La moglie del rigattiere resta affascinata dalla tela, la incornicia e la appende nel salotto. Sul dipinto, in alto a sinistra, si legge chiara una firma: “Picasso“. Per i due giovani sposi di Pompei, quello non è un nome che fa scalpore e il quadro resta fare da sfondo alla vita quotidiana di una famiglia che si allarga. Oggi dopo anni di accertamenti il dipinto è attribuito a Pablo Picasso, uno dei geni del ‘900, e il suo valore supera i 6 milioni di euro.
La storia del Picasso tenuto in salotto a Pompei è stata raccontata su Il Giorno da Mauro Cerri che ha ricostruito anche i complessi accertamenti che, negli anni, gli eredi del rigattiere hanno fatto per certificare l’opera.
A iniziare a capire che quella firma sul quadro poteva essere di qualcuno importante è il primogenito del rigatterie. Durante gli anni della scuola il ragazzino vede sui libri immagini simili al quadro che domina il soggiorno di casa. Inizia a fantasticare che quel volto scomposto possa essere un’opera d’arte dal valore inestimabile, quelle che si vedono solo nei musei e ne parla ai genitori, spiegandogli anche chi è Picasso.
Le analisi sull’autenticità
La storia diventa una questione complessa anche perché non basta una firma per trasformare una tela in un tesoro, bisogna far parlare gli esperti.
È con il nuovo millennio che la famiglia, in particolare i figli del rigattiere, che nel frattempo è scomparso, inizia il percorso di accertamenti, analisi chimiche sui materiali, confronti con opere dell’autore e indagini storiografiche. Negli anni, con l’accrescersi del fascicolo della tela, l’ipotesi che quel volto scomposto possa essere uno dei ritratti fatti da Pablo Picasso alla poetessa e fotografa francese Dora Maar, sua amante e musa, diventa sempre più valida.
A sposare la causa della famiglia del rigattiere è il cacciatore di tesori nascosti Luca Gentile Canal Marcante, presidente onorario della Fondazione Arcadia. Sull’opera si esprimono con dettagliate relazioni Paolo Cornale (CSG Palladio), Davide Bussolari (X Diagnostica per l’Arte Fabbri), Franca Vitelli (Studio Legale Vitelli) e l’ingegnere Maurizio Seracini, massimo esperto nelle analisi chimico-scientifiche delle opere d’arte.
Ad avvalorare l’autenticità del Picasso di Pompei sono arrivate le ultime analisi di settembre condotte a Milano da Cinzia Altieri, grafologa forense e grafologa dell’arte, nella quelli conclude che “la sottoscrizione dicente Picasso sul fronte del dipinto originale Buste de Femme ritratto di Dora Maar è autografa e riconducibile alla mano del maestro“.
Ora la Fondazione Picasso, diretta dai figli del genio di Malaga, che aveva sollevato dubbi sull’originalità dell’opera, visto che nel catalogo ufficiale del pittore esiste già un dipinto simile a quello ritrovato dal rigattiere di Pompei (il Buste de femme Dora Maar), dovrà pronunciarsi ancora una volta e difficilmente potrà non prendere in considerazione il corposo fascicolo che accompagna l’opera. Con questo riconoscimento il valore del Picasso conservato nel salotto di Pompei arriverebbe a 12 milioni di euro, un vero e proprio tesoro, ora non più nascosto, per la famiglia del rigattiere.
