Non è morta in un casolare abbandonato Martina Carbonaro, la 14enne uccisa dall’ex fidanzato ad Afragola, in provincia di Napoli, ma in un cantiere pubblico e attivo, finanziato con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), un luogo che avrebbe dovuto essere sotto rigorosa vigilanza e che, invece, è rimasto incustodito. A sostenerlo è l’architetto Paolo Sibilio, consulente tecnico nominato dall’avvocato della famiglia della vittima, Sergio Pisani, il quale ha deciso di avvalersi anche della collaborazione della criminologa Roberta Bruzzone, chiamata a dare un contributo alle indagini.
“Martina è stata uccisa – spiega Sibilio – nei locali sovrastanti gli spogliatoi del palazzetto, all’interno del centro sportivo comunale Luigi Moccia, una struttura polivalente con uno stadio di calcio, un campo da rugby, un palazzetto dello sport e perfino la sede del mercato settimanale. È proprio qui, più precisamente all’interno del palazzetto oggetto di lavori di ristrutturazione finanziati dal Pnrr, che il corpo della giovane è stato nascosto e poi ritrovato. Un’area che, per sua stessa natura di cantiere edile attivo, avrebbe dovuto essere custodita e interdetta all’accesso non solo per la sicurezza dei lavoratori, ma anche per la tutela degli utenti della struttura sportiva”.
“Se l’omicidio è stato premeditato – sottolinea l’avvocato Pisani – la scelta di questo luogo non è certo casuale: la totale assenza di controlli ha rappresentato un invito a delinquere. Se invece non lo era, il cantiere ha fornito un’opportunità perfetta: la pietra, usata come arma, era lì a portata di mano, e la tranquillità del posto ha permesso all’assassino di agire indisturbato e occultare il corpo.
Nonostante le ripetute richieste formali di chiarimenti e documentazione inviate dall’architetto Sibilio all’ufficio Pnrr, ad oggi non è pervenuta alcuna risposta”, denuncia Pisani.
Intanto per il 18 giugno è prevista la copia forense dei 6 dispositivi cellulari sequestrati, presso la Comando provinciale di Napoli cyber investigation.
Omicidio Martina Carbonaro, la madre dell’assassino: “Chiedo perdono, lui deve pagare”
Santa D’Ambriosio era la voce che ancora mancava nella tragica vicenda della morte di Martina Carbonaro, la 14enne di Afragola uccisa dall’ex Alessio Tucci, reo confesso. Santa è la madre dell’assassino ed è stata intervista dalla trasmissione di Rai 1 Porta a Porta: “Chiedo perdono ai genitori di Martina, perché io sto come loro: distrutta. Martina la porterò sempre nel mio cuore. Non ci posso credere che non ci sia più, stava sempre qui, a casa nostra. Non ho la forza di parlare, di uscire di casa”.
La donna, poi, spiega i comportamenti del figlio nelle ultime settimane: “Mi disse che era stato a casa della ragazza a parlare con i genitori. Mi raccontò che lei aveva conosciuto un ragazzo e si era innamorata. Quando Martina è scomparsa, ho pensato che questo nuovo fidanzato potesse averla presa e portata da qualche parte”.
Poi, le bugie dopo la sparizione della 14enne: “Non ha fatto capire niente a nessuno di ciò che era successo, ha partecipato anche alle ricerche. Io non avrei mai sospettato di Alessio, non litigavano mai. Non è vero che si sono lasciati per uno schiaffo come è stato detto. Anche i genitori di Martina erano affezionati a mio figlio, per la persona che era. Io ero preoccupata del contraccolpo della separazione, ma lui mi diceva di non preoccuparmi, mi diceva di stare bene”.
Santa D’Ambrosio non trattiene le lacrime: “Martina per me è stata come una figlia, mi sembra un incubo. Io non sono andata a trovare mio figlio, al momento non me la sento. Non lo so cosa gli dirò. Lui deve pagare perché ci ha tolto Martina”.


