Il processo d’Appello per l’omicidio del boss di San Giovanni a Teduccio Patrizio Reale si è aperto ieri con un colpo di scena. Gli imputati, Salvatore D’Amico ‘o pirata, Ciro Cirillo, Armando De Maio e Luigi D’Amico hanno deciso di ammettere le proprie responsabilità. Una mossa finalizzata ad evitare la conferma degli ergastoli in primo piano. Nel collegio difensivo gli avvocati Leopoldo Perone, Giuseppe Perfetto, Domenico Dello Iacono.
Dall’inchiesta era già uscito Gennaro D’Amico mentre il grande accusatore del gruppo di via Villa San Giovanni e cioè Umberto D’Amico ‘o lion aveva rimediato una condanna a 12 anni.
Il genero di Salvatore D’Amico, Gesualdo Sartori, si era invece già visto annullare l’ordinanza di custodia cautelare. Secondo la ricostruzione di ‘o lion e di quella di altri collaboratori di giustizia i ‘Gennarella’ (soprannome con cui vengono identificati i D’Amico di San Giovanni a Teduccio) penetrarono nel cortile di un palazzo sicuri di trovare ‘Patriziotto’ che fu colpito a morte mentre un altro affiliato che era in sua compagnia, Giovanni Nocerino, rimase ferito. Un omicidio che rappresentò uno dei momenti più cruenti della lunga guerra tra i due schieramenti, nemici da sempre.
Il racconto della ‘staffetta’ D’Amico
D’Amico ha raccontato ai magistrati come andò quel giorno e chi erano i componenti del commando spiegando che in quell’occasione ebbe il ruolo di ‘staffetta’: «Ho commesso l’omicidio di Patrizio Reale con il ruolo di staffetta nel 2009. I mandanti sono mio padre Luigi, mio zio Salvatore, e mio zio Gennaro. Esecutori materiale Gesualdo Sartori e Armando De Maio. Ciro Ciriello ha fatto da staffetta come me. A sparare è stato Armando. Il motorino lo abbiamo bruciato a Marigliano. La pistola l’ho buttata abbascia a Marina, dove sta Porto Fiorito. Era una 38 speciaL lo ero sulla mia macchina Classe B dorata insieme a Ciriello Ciro. Gesualdo e Armando erano su uno scooter, SH nero rubato. Gesualdo alla guida e Armando dietro. A sparare è stato Armando. Il motorino Io hanno bruciato Armando e Gennaro. La pistola l’ho buttata io. Per quanto riguarda la decisione, eravamo a tavola a casa di mio zio Gennaro, io, i miei zii Salvatore e Gennaro. Improta Gennaro, mio padre, Sartori. Avevamo saputo che Patrizio Reale ci voleva uccidere e che spacciava in casa. Con la scusa di comprare l’erba avevamo deciso di ucciderlo in casa. Mandammo Sartori a comprare la droga e lui gli apriva. Dopo tre o quattro volte, abbiamo mandato Gesualdo Sartori con Armando De Maio per l’omicidio. Siamo arrivati presso l’abitazione di Patrizio Reale, sotto la quale c’è un circoletto all’interno dì un cancello. Io e Ciriello ci siamo fermati fuori. Gesualdo e Armando sono entrati, hanno sparato e sono taciti. Lo li abbiamo aspettati e li abbiamo seguiti fino a Pontecitra dove abita Armando. Abbiamo deciso di mandare Armando De Maio perché venendo da fuori era più facile che non fosse preso dalla Polizia».