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giovedì, Settembre 19, 2024
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Ucciso e sciolto nell’acido, inchiesta in frantumi: ordinanza annullata per i ras dei Licciardi

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Salvatore Esposito detto Totoriello aveva commesso due errori. Il primo era quello di aver avuto una relazione con la moglie di un boss dei Licciardi. La seconda di aver raccontato in giro di questa relazione, di essersi addirittura ingelosito per la relazione che la stessa donna avrebbe avuto con un altro uomo. Una ‘doppia colpa’ che lo portò alla morte, delitto che per la Procura sarebbe stato organizzato e eseguito da Giancarlo Leva, Paolo Abbatiello e Raffaele Prota, pezzi da novanta dello stesso clan Licciardi, una delle colonne dell’Alleanza di Secondigliano. I tre ras furono arrestati alla fine del maggio dello scorso anno: per Prota l’ordinanza fu annullata il successivo dicembre mentre il Riesame confermò il provvedimento per Abbatiello e Leva. La Cassazione rovesciò nuovamente la situazione con l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il ritorno al Riesame confermo nuovamente i provvedimenti poi nuovamente annullati da un nuovo pronunciamento della Corte di Cassazione. Questa sera il Riesame, chiamato a pronunciarsi per la terza volta sulla vicenda, ha accolto in pieno le argomentazioni sostenute dai legali dei due ras (per Abbatiello gli avvocati Claudio Davino e Imma Panico, per Leva l’avvocato Giuseppe Biondi) annullando così nuovamente l’ordinanza di custodia cautelare per i due ras che restano però detenuti per altre pendenze.

L’omicidio decretato dai Licciardi con l’ausilio dei maranesi

Nelle carte dell’inchiesta, culminata con gli arresti del maggio del 2023, viene individuato come movente dell’omicidio la relazione di Totoriello con la moglie di un esponente apicale del clan con quest’ultimo che, una volta lasciato, avrebbe minacciato la donna di inviare una lettera rivelatrice al detenuto: “Perché adesso che scrivo a quello… gli devo dire tutto… che ti tieni a questo“. A decidere la sua morte fu il suo stesso clan, in particolare le tre persone ritenute di vertice del clan Licciardi. A loro i militari dell’Arma e la Direzione distrettuale antimafia contestano i reati di associazione mafiosa, estorsione, omicidio, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, aggravati in quanto commessi per agevolare il clan dell’Alleanza di Secondigliano.  Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Esposito fu vittima di una “punizione d’onore”: venne attirato in una zona boschiva e impervia di Napoli, nel quartiere Chiaiano, dove ci sono diverse cave di tufo abbandonate, ucciso a colpi d’arma da fuoco e il suo cadavere sciolto nell’acido da alcuni affiliati al clan Polverino-Simioli che usarono tecniche di lupara bianca apprese dalla mafia palermitana.

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Le dichiarazioni di Simioli

L’ex ras dei Polverino ha raccontato ai magistrati quanto avvenuto in quel frangente e come si saldò l’intesa con il clan di Secondigliano, incontro reso possibile dalla mediazione di Antonio Accurso, all’epoca reggente della Vanella Grassi:«Mi chiedete dei miei rapporti con il clan Licciardi. Vi dico che nel 2013 mi incontrai con un esponente della Vinella Grassi, Umberto Accurso, per dei problemi che Accurso aveva avuto con gli Orlando di Marano. All’incontro Accurso venne in compagnia di Paolo Abbatiello. L’incontro fu organizzato da
Antonio Nuvoletta di Marano. Fu in quella occasione che vidi per la prima volta Abbatiello Paolo. Parlammo del problema della Vinella con gli Orlando di Marano. Il problema di cui parlammo riguardava il fatto che Mariano Riccio nel 2012 tentò di prendersi “criminalmente” Marano, accordandosi con una famiglia di Marano, i Ruggiero, che sono una famiglia diversa da quella di Ruggiero Giuseppe e dei figli. Da qui vi furono una serie di incontri con quelli della Vanella Grassi per dire loro che Marano non l’avrebbero mai presa.
 In una circostanza venne da me e Nappi Carlo per dirci che questi di Secondigliano
avevano bisogno di un favore. Dopo alcuni mesi Ruggiero Salvatore disse a me, Nappi Carlo e Ruggiero Giuseppe che quelli di Secondigliano avevano bisogno di una mano per ammazzare una persona. Dopo vari appuntamenti che Ruggiero Salvatore e Pinotto fecero con questi di Secondigliano, sia a Secondigliano che a Marano; non riesco ad essere molto preciso perché in quel periodo ero latitante e quindi molto attento ai miei movimenti, si decise con quelli di Secondigliano, sicuramente con Paolo AbBatiello e Franco Leva, di trovare un posto per portare questo ragazzo che doveva essere ucciso. Venne deciso di farlo portare in una campagna vicino ai Camaldoli, adiacente alle cave di Chiaiano, tra Chiaiano e Marano».

 

 

 

 

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