Sono certo di turbare la suscettibilità e la sensibilità di tantissimi colleghi ma, alla luce dei recenti arresti dei due avvocati sammaritani Carmine D’Aniello e Michele Santonastaso, indagati il primo per associazione camorristica ed il secondo per associazione camorristica, corruzione e frode processuale credo che la misura sia colma.
Voglio anzitutto premettere che fin quando non ci sarà una sentenza definitiva di condanna essi sono innocenti, ma gli atti processuali della DDA napoletana squarciano i veli tenebrosi di una realtà che parecchi colleghi sanno e che per salvaguardare o tutelare la “dignità” dell’ordine preferiscono tacere mettendo la testa sotto la sabbia.
L’elenco di avvocati arrestati e condannati per mafia nonché di truffe ai danni delle compagnie assicurative è lungo. Ciò fa capire quando è labile il confine tra l’esercizio del mandato difensivo e la partecipazione organica o esterna ai consorzi criminali. Ma quando si falsificano le prove nei processi corrompendo testimoni o periti, quando si diventa ambasciatori dei clan, quando si è sul libro paga delle associazioni criminali significa che coscientemente si partecipa ad azioni criminose, tanto più odiose se si considera che ad essere favorite sono la camorra e la mafia.
Certo, la responsabilità penale è personale ma ciò non toglie che l’intera categoria non reagisca a questo stato di cose che getta fango su di un’intera classe che per la maggior parte vive del proprio lavoro onesto e che tutti i giorni suda nelle aule dei tribunali per far vincere la giustizia con gli strumenti dettati dai codici e dalle leggi.
Mi aspetto, sin d’ora, che il consiglio dell’ordine competente adotti gli idonei provvedimenti del caso, prima ancora che venga pronunciata una sentenza dal tribunale.
Nell’occhio del ciclone sono finiti, guarda caso, i due avvocati che pronunciarono in Corte d’Assise il proclama contro Saviano, Cantone e la Capacchione. Stiamo parlando del 2008. Da allora e fino al loro arresto nessun organo di disciplina li ha fermati. Si usò l’ipocrita giustificazione che in calce al proclama c’era la firma del boss Francesco Bidognetti ma quel documento venne preparato dagli avvocati che avrebbero anche potuto trovare il coraggio e la dignità di rinunciare al mandato difensivo anziché aderire ad un testo dal contenuto calunnioso e diffamatorio.
Si pretende dalla classe politica pulizia e trasparenza. Pretendiamo queste virtù anche dagli appartenenti alle categorie professionali e scacciamo dal tempio i mercanti che con le parole legalità, onestà e correttezza hanno poca dimestichezza.
Avv. Isidoro Niola

