MILANO- Il giorno dopo. Le indagini hanno avuto una accelerazione. Si cerca di dare un nome al commando di banditi che l’altra mattina ha ucciso la guardia giurata, Gennaro Paragliola, 49 anni, durante il colpo in banca al mercato del pesce di via Lombroso, all’Ortomercato. Si parte da due identikit, da una nuova ricostruzione della dinamica della rapina, dall’ipotesi di un basista e dall’esito dell’autopsia eseguita ieri sul corpo del vigilante. Proprio dall’esame autoptico gli investigatori hanno avuto la certezza che, ad uccidere Gennaro Paragliola, sia stata una pallottola calibro 38, lo stesso calibro della sua Smith & Wesson. Un’arma che non è stata ritrovata sul luogo del delitto. Quindi, lo «sceriffo» sarebbe stato ammazzato con il suo revolver che poi i banditi si sono portati con sé. Non solo: due dita della mano destra della vittima sono state fratturate. E non si esclude che la rottura delle ossa sia stata provocata da un’altra pallottola, di calibro più piccolo. I rapinatori, dunque, forse in risposta a un accenno di reazione della guardia giurata, hanno fatto fuoco con la propria rivoltella, colpendolo alla mano. Poi, lo hanno disarmato e ucciso con il suo revolver.
I detective dell’Arma, 24 ore dopo, hanno anche ipotizzato che a salire la rampa di scale che conduce agli sportelli della banca, siano stati in tre e non in due come era sembrato in un primo momento. Il terzetto, una volta al primo piano, sul pianerottolo dell’istituto di credito, si è diviso: uno è andato a sinistra, con l’incarico di bloccare la guardia giurata, e gli altri due sono andati a destra ad occuparsi del direttore e del bottino. Quindi è plausibile che un quarto complice fosse alla guida della macchina, parcheggiata in cortile.
Gli investigatori, sulla base delle testimonianze, sono riusciti a costruire gli identikit di due rapinatori, quelli che hanno arraffato i 5 mila euro. Potrebbero essere gli stessi che, giovedì mattina alle 10, cioè il giorno prima del colpo, hanno fatto un probabile sopralluogo alla banca, facendosi notare da un impiegato. Il dipendente aveva poi raccontato dei due allo «sceriffo» di turno che, a sua volta, ha provveduto ad allontanarli. Nessuno, però, ha pensato di riferire a polizia e carabinieri di quella strana visita. Un particolare che avrebbe potuto salvare la vita a Gennaro Paragliola, la cui morte non trova ancora tra i carabinieri una spiegazione logica, tanto da far ritenere i banditi drogati o maldestri. Anche se l’altra notte, per tutta la notte, gli investigatori della sezioni rapine e omicidi si sono mossi per controllare vecchie conoscenze, autori di rapine spesso finite nel sangue.
Del resto, per quanto sprovveduti e pur muovendosi con molte contraddizioni, i malviventi hanno agito a tratti da professionisti: dopo aver ucciso il vigilante, gli hanno portato via la pistola. Si sono poi preoccupati di bruciare l’auto con cui sono fuggiti, nel tentativo di cancellare ogni impronta. Sull’auto, tra l’altro, hanno applicato targhe rubate poco prima della rapina, quindi non ancora segnalate e identificabili.
Nell’indagine si fa strada l’ipotesi di un basista. Qualcuno che sapeva che nel giorno del colpo, il venerdì Santo, nelle casse della banca sarebbero arrivati parecchi soldi. I banditi, però, hanno agito troppo presto, mezz’ora prima dell’incasso milionario.