Aldo Semerari era un rispettato professore ordinario di Medicina criminologica all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, ma aveva contatti con la criminalità organizzata. Anzi, con i vertici della mala napoletana degli anni Ottanta.
Il 26 marzo del 1982, Aldo Semerari scomparve misteriosamente dall’hotel Royal di Napoli, dove soggiornava da qualche tempo. Cinque giorni più tardi in viale Elena, a Ottaviano, un passante notò uno strano liquido rossastro fuoriuscire dalla portiera di una Fiat 128, parcheggiata proprio di fronte all’abitazione del camorrista Vincenzo Casillo, «braccio destro» del boss Raffaele Cutolo. Sul sedile anteriore, lato guida, una busta di plastica insanguinata con la testa mozzata del criminologo, tagliata con una sega, ed il resto del corpo occultato nel bagagliaio posteriore dell’auto.
Come mai fu ammazzato Semerari e soprattutto
con una modalità prettamente camorristica?
La verità si apprese in seguito. Il movente del suo omicidio era da ricercarsi in un episodio avvenuto poco tempo prima il sequestro: il professore, infatti, nella sua qualità di psichiatra forense, si era adoperato per la scarcerazione di un boss della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, dopo che aveva fatto da consulente per la fazione opposta, la Nuova Famiglia di Umberto Ammaturo. E fu proprio quest’ultimo ad ordinarne l’omicidio.
“Gli tagliai io la testa perché si era impegnato con noi della Nuova Famiglia a seguire le nostre cose, ed era ben remunerato da me personalmente, ma Cutolo fece ammazzare uno giù alle camere di sicurezza del tribunale e Semerari gli fece una perizia falsa per farlo assolvere – fece sapere lo stesso Ammaturo sette anni fa dopo aver intrapreso la strada della collaborazione con la giustizia – Era un traditore, chi prende un accordo e non lo mantiene è un traditore”.