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martedì, Aprile 16, 2024
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FIORI E SPAZZATURA

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Fiori e spazzatura nella Napoli senza bussola. Fiori sul luogo dell’ennesima rapina finita in tragedia, lì nel cuore di Posilipo. Spazzatura nelle strade dei nostri quartieri, a Napoli come a Giugliano. Fiori e spazzatura per ricordarci che qui, in questa terra martoriata da crimine e malaffare, il cerchio si sta chiudendo: il centro di Napoli sta conoscendo i drammi delle periferie (che intanto esplodono) e fra poco non ci sarà più un posto dove scappare. Volevo scriverci qualcosa perché è un tema forte, che mi si ripresenta alla mente tutte le volte che torno a casa, come in questi giorni. Poi ho trovato un intervento di Peppe Lanzetta, pubblicato su Repubblica Napoli alcuni anni fa. E ho visto che c’era tutto. Lo stesso disagio, lo stesso amore-odio, le stesse sensazioni, lo stesso imbarazzo nel dire quello che mai si vorrebbe dire.
U. Fer.







«MIA CARA NAPOLI…»



di
PEPPE LANZETTA


Mia cara Napoli, vorrei essere il tuo mal di schiena, la tua camicia bianca, il tuo costume bianco, la tua penna, il punto dove i tuoi occhi e i tuoi pensieri si perdono, la tua notte, il tuo lenzuolo, il tuo sogno…
E invece c’è fango su di te, acqua sporca che schizza sui parabrezza della mente, ricordi di quando invece eri regina e non gatta cenerentola. Ora fanno a gara per dire, dare, urlare, scavare, scovare, sbattere il mostro in prima pagina perché il mondo vende sempre, fa sempre show, nel bene e nel male, quando si parla di canzoni o di monarchi esuli che tra le tue braccia vogliono tornare, quando si parla dell’ultimo tuo re Diego o della caduta calcistica di un società un tempo gloriosa. Sul ponte sventola bandiera bianca, l’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini pare sia sempre in agguato, gente che vuole andare via, che si pente di essere nata qui, che spara nel mucchio non per cercare il salvabile ma per uccidere. Va bene così, va bene così, anzi è triste, molto triste, ma se è vero che dal letame nascono i fiori, vorrei come per incanto che dalla tua miserabile e cronica spazzatura potessero alzarsi viole e ciclamini, un mare di buganvillea che da Bagnoli futura presente o passata che sia arrivasse fino a Ponticelli, a San Giovanni, a Barra e profumasse per una volte per tutte le giornate di chi non ce la fa più, di chi resiste da una vita, di chi per respirare ha bisogno di sgomitare. Non sei, forse, mia cara Napoli, lo specchio di un pese che arranca a più non posso, che annaspa nel fango, che ha occhi foderati di prosciutto, che mangia un gelato al veleno, che nasconde la testa nella sabbi, che non ha ancora il coraggio di ammettere colpe e dire, magari col sorriso sulle labbra, si ricomincia?

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