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mercoledì, Aprile 24, 2024
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EMERGENZA RIFIUTI: E’ POSSIBILE USCIRNE

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Immaginate un palazzo costruito male, senza rispettare alcuna regola imposta, dalle norme vigenti, per la suddetta costruzione. Bene. Cosa accadrà al palazzo in questione? Dopo un po’ cadrà, o inizierà a presentare crepe. Il perché di questa metafora apparentemente senza senso è presto spiegato. La Campania, con la sua emergenza rifiuti, è il nostro palazzo costruito male, senza rispettare le norme. Bisognerebbe, sic stantibus rebus, intervenire con chi di dovere per ripristinare l’”edificio” con le norme vigenti. Per uno strano caso, però, in Campania, nessuno ha mai voluto rispettarle queste norme e la colpa è ricaduta (ma non è del tutto giusto) sulle sole amministrazioni.
Siamo ai ferri corti, ormai. Il commissario Bertolaso ha dichiarato il rischio di una epidemia in stile “romanzo manzoniano” per questa estate. Intanto continuano i dubbi, che stranamente non hanno mai risposta: perché altrove le cose funzionano e in Campania no? Perché qui la raccolta differenziata non parte? Perché non vogliono l’inceneritore ad Acerra quando altrove un inceneritore ha risolto tanti problemi?
Qualche mese fa sentii parlare padre Alex Zanotelli che sosteneva, anche lui, che l’inceneritore era un modo come un altro «per favorire i clan che ci avrebbero di sicuro lucrato». Un’affermazione che lascia basiti. Viene da pensare che allora noi siamo costretti a morirci in questa “monnezza”. E c’è chi già ne muore. Ci sarebbe, in realtà un modo per ovviare alla catastrofe.
Trasformare i rifiuti, attuare quella che dal punto di vista letterario (mi si perdoni ma è un campo che sento più mio) si chiama “rimotivazione secondaria”: riutilizzare un elemento (in questo caso i rifiuti) che non può essere più usato nella sua iniziale funzione e dargli “un senso” nuovo. Padre Alex mi disse che a San Francisco addirittura costruiscono le auto con le carcasse!
Al disastro si rimedia dunque con il maggiore riciclo possibile dei rifiuti differenziati grazie alle aziende che li trasformano. In pari tempo va presa in considerazione – anche a scongiurare ulteriori aggravi alle popolazioni campane, a cominciare da inasprimenti della TARSU – la prospettiva di ripagarsi, in un prossimo futuro, dei danni subiti ad opera di soggetti imposti alla Campania ma che campani non sono. Non è possibile che danni ai singoli soggetti, categorie, comunità, restino non risarciti. Più volte voci diverse hanno gridato “giustizia” e la risposta c’è.
A tale esigenza ha corrisposto la giurisprudenza della Corte Suprema culminata nella nota sentenza delle SS. UU. civili 21/2/2002, n. 2515. Tale decisione, con riferimento ai danni provocati dal disastro ambientale dell’ICMESA di Seveso, ha confermato che “in caso di compromissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo (artt. 434 e 449 c.p. il danno morale soggettivo – lamentato dai soggetti che abitano e lavorano in detto ambiente e che provino in concreto di aver subito un turbamento psichico (sofferenze e patemi d’animo) di natura transitoria a causa dell’esposizione a sostanze inquinanti e alle conseguenti limitazioni del normale svolgimento della loro vita – è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione psico-fisica (danno biologico) o di altro evento produttivo di danno patrimoniale, trattandosi di reato plurioffensivo, che comporta, oltre all’offesa all’ambiente e alla pubblica incolumità, anche l’offesa ai singoli, pregiudicati nella loro sfera individuale, sicché è sufficiente che la condotta, sia commissiva che omissiva, con l’evento dannoso da essa cagionato, ingeneri pubblica apprensione con restrizioni e limitazioni della libertà di azione e di vita” .
E la multinazionale svizzera, proprietaria dell’ICMESA è stata costretta a risarcire tutti. Risarcimenti per un ingente disastro, quindi.
Disastro, nel nostro caso già annunciato dall’arsenico reperito dai consulenti del P.M. nei rifiuti della FIBE e comunque conclamato per decreto. Quello che nella prima decade dell’ottobre scorso (9/10/06 n. 263) ha insediato di urgenza il nuovo Commissario, Bertolaso. Il decreto-legge seguiva di qualche settimana il monito del Capo dello Stato, che, traendo spunto da un incidente sul lavoro in cui avevano trovato la morte due operaie, in un comunicato del luglio scorso, “sollecitava il più rigoroso accertamento delle violazioni e una ferma azione anche nei confronti degli organismi preposti a compiti di vigilanza, che non avessero assolto ai loro doveri” con indagini da condurre “anche sul piano giudiziario” per “stabilire anche le responsabilità pubbliche in materia di rispetto di norme”, di modo che, all’occorrenza, andassero sanzionati anche coloro che avrebbero dovuto vigilare, e, per loro colpa, non avessero vigilato a che certe sciagure accadessero.
Verrebbero chiamati in causa coloro che non hanno saputo non solo progettare ma vigilare a dovere.
E cosa è successo a noi se non una sbagliatissima progettazione, non tempestivamente corretta?
La mia ultima domanda era: perché non vogliono l’inceneritore?
Nelle altre regioni, dove pure vengono impiegati i termovalorizzatori – ma di ultima generazione – prima ancora, come la legge impone, si fa la raccolta differenziata, per cui i rifiuti anche fino al 60% vengono recuperati e trasformati da apposite aziende in prodotti di mercato. Il rifiuto diviene risorsa. In queste regioni lo smaltimento mediante incenerimento ha costituito davvero la fase residuale in piena osservanza del principio di cui all’art. 5, comma 1 d.lgs cit.
Inceneritori di ultima generazione, smaltimento con inceneritore che costituisce la fase residuale. Ma, dato che in Campania siamo sempre speciali, tutto questo non accade. Ad Acerra volevano (vogliono, non so) installare un inceneritore che è stato progettato più di dieci anni fa e la cui tecnologia base risale ai primi anni ’60, quando gli inceneritori sprigionavano diossina a iosa. Insomma è come voler far andare una macchina di F1 con un motore di una vecchia Giulietta.
La società dell’Italia settentrionale che, in Campania, si è aggiudicata la gara dello smaltimento, aveva la pretesa di bruciare l’intero quantitativo dei rifiuti prodotti in impianti ciclopici. La pretesa di bruciare tutti i rifiuti senza la raccolta differenziata, con una tecnologia vecchia di oltre trenta anni fu smascherata e bocciata, e fu chiesto al Commissario delegato di accelerare le attività di raccolta differenziata. Ma il Commissario ha proseguito convinto che gli impianti di smaltimento da soli (cdr e termovalorizzatori), senza più neppure le discariche legali ormai saturatesi, risolvessero ogni problema. Non tenendo in tutto questo tempo nella benché minima considerazione i rilievi e le sollecitazioni della Commissione parlamentare bicamerale di inchiesta sui rifiuti e i reiterati sequestri di tutti e sette gli impianti di cdr disposti dalla Magistratura penale.
Il commissariato ci ha lasciati, a conti fatti, amorevolmente scivolare nell’emergenza, che ora diverrà disastro. Ma dato che al peggio non c’è mai fine la raccolta differenziata iniziò, ma servì unicamente per

l’assunzione a tempo indeterminato di 2316 dipendenti, che, remunerati con oltre tre milioni delle vecchie lire al mese e con una spesa di 55 milioni di euro all’anno, non facevano niente: “al bar spendono tutti i soldi giocando a zecchinetta”. (parole di Catenacci).
Ora non ci resta che accertare i responsabili, di questo ingente danno causato alla collettività ed ai singoli. La loro individuazione darebbe la possibilità a quanti, danneggiati, intendessero costituirsi parti civili nel procedimento, nonché a coloro che, dopo la definizione del procedimento medesimo, intendessero mediante azione civile ripagarsi dei danni subiti.
«E’ davvero paradossale la pretesa di far carico alle popolazioni campane delle spese derivanti dalla catastrofe dei rifiuti. Quasi che tali popolazioni o gli organi da esse democraticamente eletti, non fossero stati espropriati per oltre 13 anni di ogni potere in materia e tali poteri non fossero stati esercitati invece dal Governo nazionale – e, per esso, dal suo Commissario straordinario delegato – e dalla società affidataria del progetto e dei lavori. I soli responsabili del disastro». Così concludo con le parole di Raffaele Raimondi, membro del Bollettino delle Assise di Napoli e del Mezzogiorno.


La gran parte dei dati e delle dichiarazioni virgolettate sono state recuperate dal bollettino dell’ Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia.

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