OGGI I FUNERALI A NAPOLI. Il tredicenne ucciso aveva un coltello in tasca
Striscione allo stadio San Paolo: «Salvatore, sei nei nostri cuori»
NAPOLI –
Ci sarà una bara bianca, questa mattina, davanti all´altare di una chiesa di periferia. Un intero quartiere darà l´ultimo saluto a Salvatore D.M., il rapinatore-bambino ucciso da un poliziotto a cui voleva portar via la moto con una pistola giocattolo. Ma con quel ragazzo che aveva 13 anni non saranno sepolte tutta la rabbia e le polemiche innescate dal colpo di pistola sparato sabato sera a Secondigliano, periferia di una città che non riesce e metabolizzare la violenza. Rabbia dei familiari che non accettano la versione ufficiale fornita dalla polizia, e quella del quartiere, riflessa in uno striscione apparso ieri nello stadio San Paolo, in curva B, durante la partita: «Addio Salvatore, sempre nei nostri cuori»; polemica fra avvocati e fra periti, che offrono interpretazioni opposte ai primi risultati. Un fatto, comunque, appare certo: Salvatore e il suo amico, Thomas, di quattro anni più grande, erano soliti recitare la parte dei duri. Lo dimostra il fatto che in una tasca dei pantaloni del tredicenne ucciso è stato trovato un coltello a serramanico con la lama di 10 centimetri. Non serve a placare gli animi nemmeno la decisione annunciata dal sindaco Rosa Russo Jervolino di andare a visitare i genitori del bambino. Quell´iniziativa desta perplessità nei colleghi del poliziotto, che dall´altro ieri è indagato per eccesso di legittima difesa: «Nulla da eccepire se il sindaco vuole partecipare al sacrosanto dolore del padre e della madre di quel ragazzo: la morte di un tredicenne è sempre un fatto drammatico – dicono -. Ma forse sarebbe giusto se la Jervolino incontrasse anche l´agente che, credeteci, è sconvolto per quanto è accaduto, anche se non ha nessuna colpa». L´AUTOPSIA CONTROVERSA. La morte di Salvatore è stata lenta e dolorosa: a ucciderlo è stata un´«emorragia per perforazione polmonare». L´esame sul suo corpo è stato eseguito ieri. L´unico proiettile esploso dal poliziotto che ha reagito alla rapina è entrato nel fianco sinistro, ha leso i polmoni ed è uscito dal fianco destro. Lo stesso colpo ha poi ferito di striscio ad una mano Thomas, il complice diciassettenne di Salvatore. Raffaele Zinno, consulente di parte nominato dall´indagato, sostiene che «il risultato dell´autopsia conferma la versione fornita dall´agente, anche se saranno necessari altri esami». Ma l´avvocato della famiglia del ragazzo morto, Gaetano Laghi, è di tutt´altro avviso. «Il colpo che ha ucciso Salvatore non è stato sparato frontalmente, come pure si ricaverebbe dalle dichiarazioni dell´agente». E aggiunge: «Non si capisce come abbia potuto una persona così gravemente ferita percorrere centinaia di metri prima di accasciarsi. In realtà i risultati dell´autopsia confermano che le indagini sulla morte di Salvatore sono ancora aperte». QUAL È LA VERITÀ? Il poliziotto sostiene di avere agito per legittima difesa. «Ho creduto che la mia vita fosse in pericolo quando ho sentito uno dei due rapinatori (con ogni probabilità Salvatore, ndr) gridare al complice che impugnava una pistola (un´arma giocattolo, ndr): «Spara! Spara!». Ma l´avvocato di Thomas, Lucia Cavallo, dice che è tutto falso: «L´imputato naturalmente ha il diritto di tacere o mentire. Comunque la parola «sparagli» non è mai stata pronunciata: è falsa e sarà smentita dal mio assistito che nelle sedi opportune chiarirà anche la dinamica dei fatti». Thomas, accusato di tentativo di rapina aggravata, comparirà oggi davanti ai giudici del tribunale per i minori per l´udienza di convalida del suo arresto. «Speriamo che lui possa fare chiarezza durante le indagini sui molti passaggi ancora oscuri di questa vicenda», commenta uno zio del tredicenne morto. C´è ad esempio una controversia sul numero dei colpi sparati: «Qualcuno sostiene di aver sentito tre spari e non uno – affermano i familiari -. Inoltre la madre e una zia di Salvatore hanno detto di aver raccolto dei bossoli sul selciato e di averli consegnati alla polizia». Ma gli avvocati dell´agente non hanno dubbi: «Il poliziotto non poteva fare altro: convinto che la sua vita fosse in pericolo, ha agito di conseguenza. E´ sconvolto da questa tragica fatalità, ma è anche convinto di non avere colpe».
Fulvio Milone – La Stampa 7 gennaio 2003