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venerdì, Aprile 19, 2024
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Blitz contro i Moccia, le indagini partite dall’agguato fallito nell’autolavaggio a Fonzo

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L’indagine che ha portato stamattina agli arresti contro il clan Moccia sono scaturite da un tentato omicidio risalente al 2018 quando, a San Pietro a Paterno, venne ferito gravemente Giuseppe Fonzo, ritento vicino a un componente di alto rango del clan Moccia, Pietro Iodice, detto anche «Pierino a Siberia» (non coinvolto in questa inchiesta). Fonzo vantava diversi precedenti, in passato fu coinvolto in un’operazione contro usura ed estorsione. Oggi con la maxi operazione contro il clan Moccia gli inquirenti hanno dato nuovi dettagli sull’agguato: “Le attività di indagine traevano un forte impulso da un grave episodio di sangue del dicembre del 2018 allorchè in San Pietro a Paterno era gravemente ferito Giuseppe Fonzo, vicino ad un altro appartenente del clan MOCCIA IODICE Pietro , alias Pierino a Siberia. Per il tentato omicidio venivano tratti in arresto a seguito di fermo del PM (e sono attualmente imputati davanti al Tribunale di Napoli e al Gup) soggetti quali CARPENTIERI Francesco,  SCOGNAMIGLIO Cristian, GARZIA Rosario e MAUGERI Emanuele Angelo; questi ultimi tre emergono ora, all’esito delle indagini, svolte su questo versante da parte del Comando Provinciale dei carabinieri di Napoli, come appartenenti alla articolazione camorristica capeggiata da TORTORA Renato”. L’atto criminale sarebbe ascrivibile ad un epurazione interna al clan Moccia. 

Le intercettazioni dopo l’agguato fallito nell’autolavaggio

Sono state la intercettazioni eseguite nell’Opel Corsa in uso a Rosario Garzia a incastrare i soggetti che hanno partecipato all’agguato a Giuseppe Fonzo, il 55enne colpito  nel pomeriggio del 5 dicembre, in via delle Cave tra Casoria e San Pietro a Patierno mentre si trovava nei pressi di un autolavaggio. Nei giorni scorsi è stata spiccata un’ordinanza in carcere per Emanuele Angelo Maugeri e Francesco Carpentieri (difesi dagli avvocati Lumeno Dell’Orfano e Dario Carmine Procentese), Cristian Scognamiglio Rosario Garzia di Arzano.

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Le intercettazioni

Dal monitoraggio delle conversazioni emergeva che nella tarda mattinata del 4 dicembre 2018, all’interno della citata autovettura, alcuni dei soggetti indagati si apprestavano a porre in essere l’agguato. Grazie alle intercettazioni è stato ricostruito ciò che è accaduto fino a un’ora prima dell’agguato e dopo. Infatti le cimici erano nell’Opel Corsa di Garzia, all’interno della quale c’erano i componenti del gruppo di fuoco. I sicari per compiere l’agguato hanno poi preso un’auto rubata, una Fiat Panda, poi data alle fiamme.

Il primo incontro c’è stato ad Arzano Scognamiglio disse a Garzia e Carpentieri di recarsi immediatamente da Maugeri Emanuele poiché doveva dirgli una cosa. “Dobbiamo fare un servizio…affondare a coso”, facendo intendere di preparare un agguato. Si tratta di una risposta ad una precedente sparatoria, ovvero un certo Giovanni sparò a Pierino. “Mo è buono sto fatto che dobbiamo sparare a quello..c’è stata botta e risposta eh”. Durante il tragitto verso l’autolavaggio, i soggetti parlano della pistola e dei guanti. “A questi li togliamo da mezzo…”. 

Cosa è avvenuto dopo l’agguato

Garzia Rosario racconta al fratello l’azione sbagliata di uno dei componenti durante la perpetrazione del tentato omicidio, in quanto la vittima (Forzo) era stata colta solo di striscio nonostante fossero stati esplosi 5 colpi mentre, a suo dire, durante un omicidio si spara o alla testa o alle gambe o al petto. “A quello gli ha dato una botta di striscio..pensa chi ha sparato..deve essere proprio un mongoloide perché se ti porti 5 botte o lo prendi in testa o tutte nelle gambe e in petto”

La ricostruzione dell’agguato

Secondo la ricostruzione Garzia e Scognamiglio, insieme ad un terzo soggetto non identificato, si recarono presso l’autolavaggio per effettuare un sopralluogo prima del tentato omicidio. Qualche giorno più tardi Garzia, Scognamiglio e Maugeri, insieme ad un altro soggetto di nome Giovanni, non identificato, a bordo di due auto (una Fiat Panda rubata ed una Lancia Y) andarono a compiere l’agguato. Due rimasero in auto altri due scesero. Avevano il volto travisato e indossavano guanti in lattice. Esplosero 5 colpi ferendolo alla gamba e al volto, poi incendiarono la vettura utilizzata. Dopo l’agguato si misero d’accordo per buttare giubbino e guanti.

Gli altri soggetti coinvolti

Nel corso delle indagini sono stati acquisiti numerosi riscontri alla ipotesi accusatoria, mediante sequestri di armi (quali un fucile a canne mozze ed una bomba a mano nel marzo 2019) nella disponibilità del sodalizio e provvedimenti di fermo dei soggetti dediti alla commissione di delitti estorsivi (quali Gennaro Ferrara, Gianni Urgherait e Lucio Caputo nel giugno, e  Antonio Spanuolo nell’ottobre di quest’anno). Le parallele indagini svolte attraverso intercettazioni permettevano di stabilire come Renato Tortora, collaborato dai propri figli, Enrico Tortora e Pietro Tortora, nonché dalla consorte, Rosa Mauro, avesse, nel corso dell’attività investigativa, assunto il pieno controllo delle attività delittuose sul territorio di Casoria e l’onere di sostentamento non solo dei propri affiliati arrestati, ma anche di altri detenuti e dello loro famiglie appartenenti al sodalizio denominato Clan Moccia, provvedendo in caso di arresti di associati alla loro sostituzione con nuove leve provenienti dal territorio.Dalle indagini emergevano invece come referenti di Afragola, in stretta simbiosi con il sottogruppo casoriano, Ciro Serrapiglia, e Domenico Tuccillo, già imputati in altri procedimenti di associazione camorristica ovvero di detenzione di armi nell’interesse del clan Moccia. I membri del gruppo risultano in particolare in possesso di “ liste” di esercizi commerciali o attività imprenditoriali (nell’ordine di molte decine) da sottoporre ad estorsione e programmavano una ampia campagna di riscossione anche nel prossimo periodo natalizio. Dal complesso delle indagini emergeva come il sodalizio, attraverso i propri sodali destinatari dei provvedimenti cautelari in argomento, abbia eseguito innumerevoli estorsioni in danno di esercenti commerciali ubicati nei Comuni di Casoria ed Afragola. Figurano anche elementi di spicco di famiglie camorristiche legate al clan Moccia, che fanno affari illeciti tra Casoria e Afragola, nel Napoletano, tra i 18 arresti notificati stamattina dalla Polizia di Stato e dalla DDA: si tratta di Renato Tortora, Ciro Serrapiglia e Domenico Tuccillo, figlio del defunto Gennaro Tuccillo, detto Zì Sante (persone già condannate o imputate).

 

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