È il 4 agosto 2024, sono da poco passate le 18, quando un’intercettazione ambientale registra una conversazione a bordo dell’auto in uso a Arturo Vastarelli, che qualche mese più tardi sarà tratto in arresto. Con lui c’è Ciro Diano, figlio di Luigi Diano (attualmente detenuto) e destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare nelle scorse ore. Il tono non è casuale, ma carico di risentimento e recriminazioni che riportano a dinamiche interne mai sopite nel clan Amato-Pagano.
Al centro del dialogo finisce il padre di Ciro e, soprattutto, il mancato sostegno ricevuto da parte di soggetti ritenuti “collaboratori” fidati, Silvio Padrevita detto “Sivietto” e Luigi De Biasio detto “Ginetto”, arrestato il primo a dicembre 2024 e l’altro ad un anno di distanza. Vastarelli mette subito sul tavolo un tema che va oltre il valore materiale: la distribuzione dei benefici come misura del peso criminale. «La Panda la dovevo avere io e tuo padre gliela diede a lui…», dice senza giri di parole, riferendosi all’autovettura che, secondo gli investigatori, era effettivamente utilizzata da Silvio Padrevita.
L’auto diventa simbolo di una preferenza, di una scelta che Vastarelli vive come un affronto. Lo stesso vale per altri “premi”, come l’orologio finito, a suo dire, nelle mani sbagliate. «L’orologio lo dovevo avere io e lo ha avuto Ginetto… tutti contrari si sono messi…», aggiunge, delineando un clima di ostilità crescente.


