La pricura distrettuale antimafia di Palermo coordinava un’indagine, denominata “Anno Zero”, portata avanti dall’azione congiunta di carabinieri, polizia e Dia, che aveva lo scopo di scoprire il nascondiglio del boss Denaro ed eseguirne la cattura e l’arresto (guarda il video). Come riporta Il Giornale l’inchiesta ha, finora, portato alla scoperta di una rete criminale, comprendente ventuno persone affiliate alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna. Uno dei ventidue provvedimenti non è stato eseguito, perché si tratta di quello destinato a Matteo Messina Denaro, ancora latitante.
La scoperta della rete criminale, che si occupava di smistare i “pizzini” del capomafia, ha confermato il ruolo di primo piano che ancora detiene Messina e il ruolo di reggente, assunto dal cognato, a seguito dell’arresto di altri membri della famiglia. Tramite la rete di “pizzini”, il latitante continuava ad impartire ordini ai suoi affiliati, restando di fatto a capo dell’associazione mafiosa. Il potere e il rispetto di cui gode ancora il boss trapanese è tale che in un’intercettazione della polizia è stato detto che “Matteo è come Padre Pio”.
Le ventidue persone fermate sono state indagate per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti i reati sono aggravati dalla presenza delle modalità mafiose.