“Sono detenuto ininterrottamente da 18 anni, come avrei fatto a gestire la cassa del clan? I miei figli sono solo i miei figli e sono innocenti, stessa cosa per mia figlia Flora, per lei sono solo un padre”. Questo il succo delle dichiarazioni spontanee rese ieri in videoconferenza dal carcere di Parma, dove è detenuto, di Patrizio Bosti, boss dell’omonimo gruppo del Rione Amicizia e ‘costola’ dell’Alleanza di Secondigliano. Bosti ha reso queste dichiarazioni nel processo che lo vede imputato perché accusato di aver gestito, insieme al figlio Ettore (anch’egli detenuto a Cuneo) il suo gruppo riuscendo ad impartire ordini anche dal carcere.
Recentemente la Corte di Cassazione ha escluso per Flora Bosti l’aggravante rigettando il ricorso presentato dal pubblico ministero contro il precedente verdetto del Riesame che aveva dato ragione alla difesa della donna rappresentata dagli avvocati Domenico Dello Iacono ed Elisabetta Valentino. In aula il boss non ha mancato di evidenziare come le accuse rivolte attraverso alcune dichiarazioni dell’ex genero Luca Esposito si siano rivelate prive di fondamento ribadendo la sua innocenza.
Gli ordini del boss Bosti partiti dal 41 bis
Secondo quanto emerso dalle indagini e come invece contestato dalla Procura, il boss comandava e dava ordine e direttive, nonostante fosse al 41bis nel carcere di Parma; anche il figlio Ettore, sottoposto allo stesso regime detentivo a Cuneo, per la Procura impartiva i suoi ordini mentre Flora Bosti era ritenuta la longa manus del padre gestendo la cassa del clan grazie alla quale manteneva gli affiliati e le loro famiglie. Per l’accusa era lei a occuparsi di investire i proventi illeciti e a tenere i rapporti con gli affiliati al clan.
Dopo gli arresti del luglio dello scorso anno il Riesame confermò le misure cautelari: contro quella decisione l’avvocato Dello Iacono presentò ricorso in Cassazione e gli ermellini diedero ragione al penalista annullando il Riesame e disponendo un nuovo giudizio. Quest’ultimo accolse le argomentazioni difensive ma contro questa nuova decisione c’è stato il ricorso del pubblico ministero con la Cassazione che ha respinto la richiesta dando nuovamente ragione alla difesa.