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venerdì, Aprile 19, 2024
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Paesi con miglior sistema sanitario: l’Italia al 30° posto

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Le notizie ai TG e i bollettini medici stanno alimentando la sfiducia fra i cittadini: una grossa fetta di Italiani crede che il sistema sanitario pubblico nazionale sia inadeguato, e non solo in riferimento all’emergenza Coronavirus. Tuttavia pare che la realtà sia un po’ diversa. Secondo la classifica dei migliori sistemi sanitari al mondo basata sugli studi di The Legatum Institute pubblicata da Travel365.it, il sistema sanitario italiano si aggiudica un dignitoso 17° posto.

Il Bel Paese si piazza dietro la Francia (16°), la Spagna (13°) e la Germania (12°), ma al tempo stesso davanti a nazioni importanti come l’Australia (18°), il Regno Unito (23°) e gli Stati Uniti (59°).
In generale le nazioni più virtuose sono quelle europee e quelle asiatiche, di seguito la classifica delle prime 10 posizioni:

 

  1. Singapore
  2. Giappone
  3. Svizzera
  4. Corea del Sud
  5. Norvegia
  6. Hong Kong
  7. Islanda
  8. Danimarca
  9. Austria
  10. Olanda

 

Il piazzamento Italiano non è un risultato eccezionale, soprattutto se rapportato al passato, ma nemmeno così catastrofico quanto la nostra percezione attuale delle cose sembra suggerire.
Di certo l’emergenza ha riportato all’attenzione un problema noto che da troppo tempo era passato in secondo piano, ovvero quello dei tagli alla sanità pubblica. La gente si chiede se sia normale che in un paese abitato da circa 60 milioni di persone, vi siano poco più di 5000 posti di terapia intensiva. Il popolo cerca colpevoli a cui addossare la responsabilità delle mort. Ed ovviamente il popolo si guarda indietro, puntando il dito contro i governi degli ultimi 20 anni che hanno progressivamente definanziato la sanità pubblica.

La Fondazione Gimbe, che dal 1996 promuove la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attività indipendenti di ricerca e informazione scientifica, ha stimato un definanziamento di circa 37 miliardi, 25 miliardi dei quali sono stati trattenuti tra il 2010 e il 2015 dai governi Berlusconi e Monti, e i restanti 12 miliardi sono serviti tra il 2015 e il 2019 per finanziare le manovre dei governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte.

La storia ci dice che tali sacrifici furono necessari per evitare complicazioni fiscali e salvare il paese dal tracollo economico, ma oggi crescono i dubbi sulle scelte fatte, sulle manovre votate all’austerità attuate e sulle risorse nazionali che forse si sarebbero potute gestire diversamente…

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