Arrivano le condanne per i 5 soggetti finiti in manette in un blitz effettuato dai carabinieri nel luglio del 2020: Francesco Barbato, il 39enne Francesco Sagliano, entrambi di Giugliano, Antonio Cacciapuoti di Villaricca, Pasquale Musciarella e Giovanni Arillo, quest’ultimi provenienti da Castel Volturno.
Sono ritenuti responsabili di tentata estorsione in concorso mediante l’utilizzo di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
Stamane il Giudice Antonio Baldassarre del Tribunale di Napoli ha emesso la sentenza, con pene ridotte rispetto alle richieste di condanna avanzate dal Pm della DDA dott.ssa Graziella Arlomede. Arillo Giovanni ha incassato 3 anni e 8 mesi di reclusione (PM aveva chiesto anni 6); Barbato Francesco, Cacciapuoti Antonio e Sagliano Francesco, con la recidiva: 6 anni e 6 mesi di reclusione (PM aveva chiesto anni 8).; Musciarella Pasquale 6 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione (PM aveva chiesto anni 8). Barbato, Sagliano e Cacciapuoti sono stati assolti dal reato di porto e detenzione di una pistola calibro 7.65
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Carmela Maisto, Ferdinando Letizia, Giuseppe De Gregorio, Dario Carmine Procentese e Luigi Poziello.
Le accuse
Sono accusati di racket nei confronti di un imprenditore del litorale Domitio. In una circostanza, addirittura lo avrebbero percosso e minacciato tramite l’esibizione di una pistola. Palesarono al contempo l’appartenenza al Clan dei Casalesi – fazione Bidognetti. L’attività investigativa, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha fatto emergere un singolare sistema delittuoso.
Nel dettaglio emergeva che l’imprenditore era preventivamente avvicinato da Arillo Giovanni, elettricista del posto. Questi, nel corso di un incontro, lo aveva chiaramente intimorito, palesandogli la presenza in quell’area territoriale di un violento gruppo di soggetti indicati come “Casalesi – fazione Bidognetti”. Veniva esplicitato inoltre che costoro fossero intenti a riscuotere i ratei estorsivi nelle zone di egemonia. Pertanto, di certo, si sarebbero fatti vivi anche presso l’attività dallo stesso gestita. Come preannunciato, difatti, il gruppo più volte si presentava presso l’azienda in questione. In seguito all’opposizione offerta dalla “vittima”, infine aveva proceduto ad una spedizione punitiva che si era conclusa con il violento pestaggio dell’imprenditore.