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Sal Da Vinci: “Renato Zero non credeva in Rossetto e Caffè, il mio successo una rivincita”

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Sal Da Vinci, all’anagrafe Salvatore Michael Sorrentino, racconta di non aver mai conosciuto davvero l’infanzia. Cresciuto tra quinte e riflettori, a soli quattro anni osservava già i palchi di Napoli, a sette cantava “Miracolo ’e Natale”, trasformata poi in spettacolo teatrale. «Facevo sei spettacoli al giorno: tre sceneggiate e tre varietà», ricorda in un’intervista al Corriere della Sera. Nessun gioco tra coetanei, soltanto un percorso accelerato dentro il mondo degli adulti.

Figlio di Mario Da Vinci, simbolo della sceneggiata napoletana, ha vissuto l’arte come sacrificio prima che come gloria. «Papà ha conosciuto la fame, non la fama. La famiglia era tutto. Questo è l’insegnamento che porto con me».

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Lo stigma e le difficoltà

Negli anni ’80 e ’90, quando provava a imporsi nel panorama discografico, Sal Da Vinci si scontrò con pregiudizi pesanti. «Al Nord i discografici dicevano: “Sta arrivando la comitiva del Vesuvio”. Era uno stigma pesante». Più volte pensò di fermarsi: «Ho detto tante volte basta, getto la spugna. Ma la perseveranza e la mia famiglia mi hanno tenuto in piedi».

Tra i ricordi più dolorosi, quello di un padre dimenticato. «Ho consolato mio padre quando nessuno lo voleva più. Fa male quando la gente cambia marciapiede per non salutarti. Io ero solo un ragazzino».

La rivincita di Rossetto e caffè

Dopo anni di fatiche e incertezze, la svolta è arrivata con Rossetto e caffè. Autoprodotto, il brano ha scalato le classifiche fino a sfiorare il triplo platino. «Quando Renato Zero la sentì mi disse: “La musica è bellissima, ma il testo non mi convince”. Poi uscì e diventò un successo. Mi guardò e ammise: “Sal, non ci ho capito niente”».

La canzone ha conquistato anche personaggi dello spettacolo. «Mi scrisse su Instagram che voleva cantarla con me», rivela a proposito di Sabrina Ferilli. Il brano è stato ripreso in televisione da Stefano De Martino e ha fatto cantare piazza del Plebiscito a Napoli. «È il successo della perseveranza, la dimostrazione che ho fatto bene a non arrendermi».

Gli incontri e gli aneddoti

Il percorso artistico di Sal Da Vinci è intrecciato a grandi maestri: da Alberto Sordi, con cui recitò a soli 17 anni in Troppo forte, a Carlo Verdone, fino a Lucio Dalla. «Arrivai bagnato, caddi in mare. Sul palco c’erano solo un pianoforte elettrico e un palloncino rosa. ’Na poesia», ricorda di un concerto a Capri, quando il cantautore bolognese dimenticò di mandargli la barca promessa.

Pazzie e sacrifici

Non mancano i gesti estremi, tra amore e incoscienza. «Spesi sei milioni di lire in bollette», confessa ricordando le telefonate dall’Australia alla fidanzata Paola, oggi sua moglie. E ancora: «Non mi rendevo conto che stavo facendo qualcosa più grande di me», dice pensando all’acquisto di una Bmw blu elettrico, poi rivenduta per poter sostenere economicamente la famiglia.

La maturità di oggi

Oggi, a 56 anni, l’artista si sente in pace con il suo percorso. «La mattina mi alzo e prego: “Padre mio, grazie”. Il resto lo devo al pubblico. Non a nessun altro». Dopo una vita di cadute e rinascite, per Sal Da Vinci resta l’orgoglio di avercela fatta da solo, senza mai rinunciare alla musica e a Napoli.

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