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mercoledì, Aprile 24, 2024
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“Suicidio assistito, cosa mi disse Nadia Toffa”, la rivelazione del parroco di Caivano

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Nadia è stata una persona speciale perché, nonostante le sofferenze fisiche e morali causate da un tumore al cervello, non ha mai perso la speranza. E mi sembra giusto ribadirlo in questi giorni in cui si discute di suicidio assistito, un’idea a lei totalmente estranea. Per Nadia, alla quale il Signore è stato certamente vicino, la malattia era un nemico da sconfiggere nella consapevolezza della sacralità della vita”. Don Maurizio Patriciello, 64 anni, da sempre al fianco delle vittime della Terra dei fuochi, in Campania, e amico di Nadia Toffa, volto noto de Le Iene, morta il 13 agosto scorso a 40 anni, affida a Famiglia Cristiana una sua riflessione che il settimanale pubblica nel numero da giovedì in edicola. Lo fa nelle ore in cui la Corte Costituzionale deve esprimersi sul fine vita.

Il sacerdote ricorda ammirato il modo in cui la conduttrice ha affrontato il suo calvario, dando coraggio a tanti ammalati. “Sdoganò la parola cancro”, dice, “pronunciandola a viso aperto in televisione: una prova di forza e un incoraggiamento alle tante persone affette da questo male che, condizionate da una società spesso superficiale e spietata, ne hanno quasi vergogna, nel timore di essere emarginate. Ha taciuto soltanto quando le sono venute meno le forze, ma nei nostri discorsi e nei messaggi che ci siamo scambiati non si è mai lamentata. Di questo toccante percorso spirituale io sono stato testimone e sento il bisogno di renderlo pubblico ora che si parla di legalizzare il suicidio assistito”.

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Don Maurizio Patriciello riflette sul tema delicato e controverso del fine vita partendo anche dalla sua esperienza personale. “Mi rendo conto che le sofferenze possano spingere una persona ammalata, magari in un momento di sconforto, a desiderare la morte, ma non posso accettare una legge che sancisca questa decisione estrema. Penso che, anche nei casi disperati, una soluzione positiva sia sempre possibile e lo dico per esperienza personale. Dieci anni fa, infatti, ero certo che sarei morto di leucemia, quando la malattia inspiegabilmente regredì. Oggi sto bene e lo devo, oltre che ai medici, all’aiuto divino. Insomma, non bisogna mai perdere la speranza e la forza di lottare contro il male. È questo il messaggio lasciato da Nadia”.  Nadia Toffa conobbe il parroco di Caivano (Napoli) durante un servizio giornalistico sulle tragedie causate dallo smaltimento selvaggio e illegale dei rifiuti tossici nella cosiddetta Terra dei fuochi. Da quell’incontro nacque una profonda amicizia.
 

“Mi rendo conto che le sofferenze possano spingere una persona ammalata, magari in un momento di sconforto, a desiderare la morte, ma non posso accettare una legge che sancisca questa decisione estrema. Penso che, anche nei casi disperati, una soluzione positiva sia sempre possibile e lo dico per esperienza personale. Dieci anni fa, infatti, ero certo che sarei morto di leucemia, quando la malattia inspiegabilmente regredi’. Oggi sto bene e lo devo, oltre che ai medici, all’aiuto divino. Insomma, non bisogna mai perdere la speranza e la forza di lottare contro il male. E’ questo il messaggio lasciato da Nadia”.

Don Maurizio Patriciello, 64 anni, da sempre al fianco delle vittime della Terra dei fuochi, in Campania, e amico di Nadia Toffa, volto noto de Le Iene, morta il 13 agosto scorso a 40 anni, affida a Famiglia Cristiana una sua riflessione che il settimanale pubblichera’ nel numero da giovedi’ in edicola e della quale e’ stata diffusa una anticipazione. Il sacerdote ricorda ammirato il modo in cui la conduttrice ha affrontato il suo calvario, dando coraggio a tanti ammalati. “Sdogano’ la parola cancro”, dice, “pronunciandola a viso aperto in televisione: una prova di forza e un incoraggiamento alle tante persone affette da questo male che, condizionate da una societa’ spesso superficiale e spietata, ne hanno quasi vergogna, nel timore di essere emarginate. Ha taciuto soltanto quando le sono venute meno le forze, ma nei nostri discorsi e nei messaggi che ci siamo scambiati non si e’ mai lamentata. Di questo toccante percorso spirituale io sono stato testimone e sento il bisogno di renderlo pubblico ora che si parla di legalizzare il suicidio assistito”. Don Maurizio Patriciello riflette sul tema delicato e controverso del fine vita partendo anche dalla sua esperienza personale.

“Mi rendo conto che le sofferenze possano spingere una persona ammalata, magari in un momento di sconforto, a desiderare la morte, ma non posso accettare una legge che sancisca questa decisione estrema. Penso che, anche nei casi disperati, una soluzione positiva sia sempre possibile e lo dico per esperienza personale. Dieci anni fa, infatti, ero certo che sarei morto di leucemia, quando la malattia inspiegabilmente regredi’. Oggi sto bene e lo devo, oltre che ai medici, all’aiuto divino. Insomma, non bisogna mai perdere la speranza e la forza di lottare contro il male. E’ questo il messaggio lasciato da Nadia”.

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