C’è un filo sottile che lega Paolo Di Lauro e Marco Di Lauro. Padre e figlio sono legati dalla stessa strategia della mimetizzazione. Ciruzzo ‘o milionario, così come è conosciuto l’ex boss indiscusso del narcotraffico napoletano, fino agli inizi degli anni 2000 era praticamente sconosciuto alle forze dell’ordine. La sua strategia era di far brancolare nel buio le forze dell’ordine: nessuno doveva pronunciare il suo nome. La stessa strategia, seppur in modalità diversa, è quella che in questi anni sta seguendo suo figlio Marco, latitante dal 2004 e scampato a numerosi arresti, approfittando della sua ‘irriconoscibilità”. Sono pochi infatti quelli che, attualmente, possono associare un volto al nome dell’attuale reggente dei Di Lauro.
Lo sanno bene le forze dell’ordine, più volte arrivate vicine all’arresto del boss, ma mai arrivati a stanarlo. Con ogni probabilità il giovane si nasconde nella sua roccaforte mimetizzandosi e non dando indizi alle forze dell’ordine. Una strategia utilizzata anche da Paolo Di Lauro che, negli anni in cui le forze dell’ordine aumentarono il pressing sulle piazze di spaccio tra Secondigliano e Scampia, impose a tutti di chiamarlo “Pasquale”, una strategia che gli fruttò l’invisibilità fino a quando non fu convocato in commissariato su segnalazione della scuola frequentata da suo figlio Nunzio in seguito ad una spedizione punitiva ai danni di un professore. In quell’occasione dalle intercettazioni si apprese che “Pasquale era stato convocato in questura” fu il segnale che Paolo Di Lauro era Pasquale: il nome più pronunciato nelle intercettazioni.
