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venerdì, Giugno 21, 2024
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Baby prostitute a Bari, i verbali inquietanti delle 16enni: “Sesso nelle ore di scuola”

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Emergono dettagli inquietanti dai verbali contenuti nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Giuseppe Ronzino, che ha portato all’arresto di dieci persone accusate di aver indotto, favorito, sfruttato, gestito ed organizzato la prostituzione di tre ragazze minorenni. Altre due ragazzine risultano coinvolte, ma ancora non sono state identificate. Dalle parole delle baby escort si riescono a ricostruire i dettagli dell’ giro gestito da quattro donne, le “Squad girls”.

La scoperta grazie a un ordine di “Glovo”

Il giro è stato scoperto grazie ai sospetti della mamma di una di loro, che aveva notato comportamenti strani da parte della figlia che si accompagnava a un maggiorenne. Da lì la denuncia che ha fatto partire le indagini. “Mia madre ha scoperto tutto la sera in cui arrivò un ordine di Glovo sul cellulare”, racconta una delle 16enni. Si trattava di due pizze, recapitate in un b&b di Monopoli e che le ragazze avevano ordinato al termine di una prestazione. Ma nell’ordine era indicato il numero di telefono della mamma, che non ha esitato a raccontare tutto alla polizia.

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A quella stessa sera risalgono le foto che vedono protagoniste proprio le due pizze, mazzi di banconote e la scritta “Squad girls”. C’era anche un’altra ragazza, non ancora identificata: “In quella circostanza c’era anche un’altra minorenne, mi raccontò che le sorelle De Vito pagavano la madre per non farle raccontare nulla alla polizia”.

Il primo incontro

I rapporti tra le 16enni e i loro clienti, tutti maggiorenni e la maggior parte di loro consapevoli della minore età delle ragazzine (quattro di loro risultano tra gli indagati), avvenivano in hotel e b&b di Bari, Trani, Monopoli ma anche in trasferta, e in orari scolastici. “Probabilmente il primo giorno che andammo all’appuntamento era lunedìracconta una delle 16enni -. Ricordo che mi raccontarono che l’appartamento era fissato per tre giorni. Il secondo giorno che andai all’appuntamento eravamo uscite da scuola prima. Probabilmente per un’assemblea sindacale”. E ancora: “Lui fissava gli appuntamenti tramite messaggi, ma a volte i clienti chiamavano per sapere se le foto che pubblicava corrispondevano alla realtà, allora rispondevo io o la mia amica e ci facevamo vedere in intimo per dimostrare che eravamo reali”.

Le compagne di classe

Parlando di Nico Basile, il 25enne arrestato dalla polizia, una delle ragazze racconta: “Quando vedeva le storie con amiche che pubblicavo su Instagram, se a lui piacevano mi chiedeva di portarle”. Parole che trovano riscontro nel racconto si un’altra giovanissima: “All’uscita di scuola la mia compagna mi propose di prostituirmi con lei per guadagnare dei soldi. Io risposi di no ma lei mi disse che non dovevo fare niente, che avrebbe fatto tutto lei e io dovevo solo stare là. Andammo a un appuntamento con Nico che ci portò in un b&b, subito dopo arrivarono le chiamate sul telefono che era dedicato. Quando arrivavano gli uomini, dai venti anni in su, lei apriva la porta: se volevano prestazioni con entrambe chiedeva 200 euro, con una 100. Le prestazioni duravano 10 minuti. Quel giorno vennero due-tre clienti, che lasciarono i soldi sul tavolo. Alcuni chiedevano la nostra età ma lei mi disse di dire che avevamo 18-20 anni. Mi diceva di stare tranquilla, perché senza fare nulla avremmo guadagnato”.

Il ricatto

Nell’interrogatorio, Basile ha negato le accuse raccontando di aver avuto rapporti sessuali consenzienti con una delle minori e senza compenso, e di non aver svolto alcun ruolo nell’organizzazione di incontri con altri uomini. Versione smentita dalle parole delle ragazze: “Il 21 maggio ero al mare con un’amica quando Basile mi chiamò da Telegram per dirmi che c’era un suo amico ricco, che giocava a carte, che mi voleva incontrare. Mi venne a prendere da mare con la sua Bmw nera e mi portò al b&b, poi arrivò F. e prima del rapporto mi diede 3-400 euro. Nico gli aveva detto che ero una studentessa di Milano. Quel giorno mentii a Nico sulla cifra ricevuta, perché quella pattuita era 200 euro e lui anche sui 200 euro voleva una cifra superiore ai 50 euro”.

Percentuali che venivano estorte sotto ricatto: “Una volta, in seguito a una lite per la spartizione dei guadagni, mi minacciò di far vedere foto mie in abiti succinti ad altre persone. Anche altre volte mi ha ricattata in questo modo”.

 

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