Banda dei cavalli di ritorno, arrivate le condanne in Appello per la banda che costituiva il terrore dell’area nord. La sentenza è stata emessa dalla V Sezione della Corte di Appello d Napoli.
I membri del gruppo erano accusati a vario titolo di rapina, furto, ricettazione, estorsione e riciclaggio. Da tredici a 10 anni di reclusione è scesa la pena per Carmine Cerrone, 45enne di Scampia considerato a capo della banda; sette anni per il figlio Giuseppe. Per i due Cerrone, difesi dall’avvocato Luca Gili, c’è stato uno sconto di pena.
Riduzione di pena pure per Maurizio Spinelli, 48enne di Miano, condannato a 7 anni e 4 mesi; Giovanni Amura ha incassato 2 anni e 4 mesi di reclusione; Raffaele Caiazzo a 3 anni e 8 mesi di reclusione; Luigi Cioffi a 2 anni di reclusione; Massimo De Luca a 6 anni e 2 mesi di reclusione; Cosimo Di Domenico a 3 anni e 2 mesi di reclusione; Antonio Ferrara a un anno e 6 mesi; Salvatore Mingacci a 3 anni e 8 mesi di reclusione; Salvatore Pesacane a 4 anni e 4 mesi di reclusione; Raffaele Piscopo a 2 anni e 8 mesi; Nicola Iannaccone a un anno e 4 mesi di reclusione; Giuseppe Vettosi a 2 anni e 8 mesi di reclusione; 2 anni per Antonio Caturano, 44enne di Scampia.
L’operazione
Nel corso dell’operazione «Febbre da cavallo» gli investigatori trovarono 50 tra auto e motocicli provento di furto o di rapina. Tutti i mezzi furono restituiti a proprietari. A capo dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, c’era un uomo agli arresti domiciliari per un’altra vicenda estorsiva. L’indagato gestiva il business del mercato in tutta la zona dell’area a nord di Napoli e in diversi comuni dell’hinterland. Lo schema seguito era quasi sempre lo stesso. Dopo il furto o la rapina le vittime venivano contattate. E pagavano delle somme di denaro – c’era un vero e proprio tariffario a seconda dell’auto rubata – per poter tornare in possesso dei loro beni. Ma c’era anche chi individuato il «referente di zona» dell’organizzazione andava a pagare. Per alcuni è scattata la denuncia per favoreggiamento personale
Il business era gestito da Carmine Cerrone. Nonostante fosse ai domiciliari continuava a gestire con tranquillità il giro d’affari, dando ordini dal balcone della sua abitazione. Ma era controllato dai carabinieri che avevano piazzato delle cimici nei pressi della sua abitazione.