Un altro duro colpo giudiziario è stato inferto dalla Procura di Napoli al clan di Bagnoli. Sono stati indagati il boss Massimiliano Esposito e il ras Luigi Bitonto per l’omicidio di Antonio Ivone avvenuto l’8 agosto 2000 in via Terulliano: il primo è accusato di essere il mandante mentre il secondo è stato individuato come specchiettista.
L’esame autoptico sul cadavere accertò che la vittima venne raggiunta da 6 proiettili di calibro 9 che lo colpirono alla testa, al volto e sotto la scapola destra. Il capoclan ‘o scugnato avrebbe voluto condurre una strategia espansionistica a Bagnoli e a Fuorigrotta. Secondo il pm della Procura il boss avrebbe voluto dare un segno alla fazione opposta guidata da Bruno Rossi, così qualsiasi persona a lui in qualche modo legata, avrebbe rappresentato un bersaglio valido per Massimiliano Esposito .
“A Melito sotto falso nome”, il retroscena sull’omicidio Conte
Il pentito Marco Conte ha spiegato che, oltre ad Esposito e Bitonto, quel giorno il commando era composto da lui, Raffaele Giogli, Massimiliano De Franco e Pietro Esposito, questi ultimi due deceduti.
Il collaboratore di giustizia, all’epoca dei fatti vedetta dei killer, ha svelato importanti dettagli in un verbale dell’aprile 2003: “Siamo scappati, con la Yaris preceduta dal Bitonto e seguita da me; abbiamo preso la tangenziale a Fuorigrotta e ci siamo fermati al distributore a Capodimonte. Raffaele Giogli è salito sull’autovettura di Bitonto e Pietro Esposito, con le armi, è salito sulla mia auto. Poi ci siamo allontanati ed il Bitonto accompagnò Giogli all’Hotel X a Melito, perché lì alloggiavamo tutti sotto falso nome“.
La trasferta da Napoli alla Circumvallazione Esterna tra Giugliano e Qualiano.
Il pentito Conte ha parlato anche delle ore seguenti all’omicidio di Ivone quando il commando partì da Napoli per dirigersi nell’area nord di Napoli. “Noi ci sentivamo per cellulare, non ricordo il numero. Il Bitonto mi telefonò e mi disse che aveva parlato con Massimiliano Esposito dicendogli che era tutto a posto. Dopo quella telefonata avemmo l’ordine di spegnere i cellulari. Io volevo sapere che fare della Yaris ed Bitonto mi disse che Esposito P. già sapeva dove andare ad incendiare la citata autovettura. Abbiamo incendiato l’autovettura in località Giugliano in una terra posta sulla Circumvallazione Esterna. Il De Franco è salito sulla mia autovettura e abbiamo fatto ritorno all’hotel X. Non abbiamo gettato le armi perché Massimiliano Esposito ci disse che in quel periodo non aveva soldi per compare le armi. Le armi poi vennero nascoste da me e dal Giogli in un terreno a Mugnano di Napoli, sempre sulla Circumvallazione Esterna“, ha dichiarato Conte.