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Detenuto obeso di 265kg muore in carcere, il fratello: “Stava male e senza cure”

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Francesco De Leo, un detenuto pugliese obeso, è morto in carcere a Torino mentre stava scontando una pena fino al 2040 per reati di truffa. L’uomo di 51 anni scontò per un lungo periodo la sua pena presso l’ospedale di Cuneo perchè non c’erano celle disponibili ad ospitalo. Dopo mesi venne portato a Torino dove avevano creato una cella adatta per lui. De Leo pesava ben 265 kili e per lui sono stati inutili i tentativi di rianimazione da parte dei sanitari del 118.

Una cella per Francesco De Leo

Sull’epilogo tragico si è esposto l’avvocato Luca Puce che ha seguito l’intera vicenda a tratti surreale. “Per l’ennesima volta il sistema carcere ha fornito prova della propria inadeguatezza a soddisfare le esigenze primarie di ogni singolo detenuto. Non la imputo al personale, anzi. Ci sono delle carenze che sono strutturali”.

De Leo, originario di Brindisi, era stato trasferito nei primi giorni di ottobre a Torino dal carcere di Marassi, a Genova. In precedenza, Francesco De Leo, era stato assegnato nella casa circondariale di Cuneo, dove però non era entrato per l’assenza di una cella idonea. Pertanto, venne ricoverato al pronto soccorso dell’ospedale Santa Croce, piantonato giorno e notte degli agenti di polizia penitenziaria.

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La situazione aveva suscitato polemiche da parte dell’Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che aveva contestato l’impiego di “dieci agenti al giorno sottratti al personale già in affanno della casa circondariale cuneese”. Il Dap aveva poi disposto il trasferimento a Torino, dove era stata costruita la cella adeguata alle sue esigenze.

La parole del fratello di De Leo

“Nessuno lo voleva” dichiara Domenico De Leo, il fratelloda cui Francesco era stato ospite ai domiciliari per un periodo prima del trasferimento nella RSA. “Sabato lo avevo sentito era stanco e non stava prendendo più l’insulina” ha spiegato rivelando un particolare che potrà essere utile ai fini delle indagini. L’avvocato Puce non esclude l’avvio di un’azione risarcitoria in sede civile.

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