Non sono criminali. Non sono “violenti”.
Sono Mimì e Angelo, e come tante altre persone in questa città, sono stanchi di aspettare il turno che non arriva mai. Stanchi di sentirsi dire “più tardi”, “non ora”, “forse domani”. Il problema è che il domani, per chi non ha un lavoro, è un privilegio che non si può permettere.
Il 10 luglio erano in piazza, in mezzo a centinaia di disoccupati e disoccupate. La piattaforma click day, ancora una volta, aveva negato l’accesso a chi sperava in un tirocinio, un sostegno, un’opportunità qualsiasi. Invece: un crash, una porta chiusa. E la rabbia, stavolta, è traboccata perchè esasperati.
Poi l’arresto.
Scene concitate al porto di Napoli, un blocco simbolico davanti al Molo Beverello. La polizia carica, volano manganelli e urla. Quando tutto si placa, Mimì e Angelo vengono portati via. Le accuse sono pesanti: resistenza, lesioni, danneggiamenti. Per molti, un atto di repressione più che di giustizia.
Oggi Mimì e Angelo sono di nuovo liberi. Le misure cautelari cadono, ma resta un processo da affrontare. Fuori dal Tribunale, cori e striscioni li accolgono come simboli di qualcosa di più grande:
“Lottare per il lavoro non è un reato.”
Ma chi sono, davvero, Mimì e Angelo?
Non sono solo due nomi finiti in un verbale. Sono padri, figli, amici, disoccupati cronici, cittadini invisibili. Hanno marciato a testa alta con i movimenti del 7 Novembre e del Cantiere 167. Hanno urlato “vogliamo dignità” davanti ai palazzi delle istituzioni. Hanno sperato, protestato, resistito.
Quello che chiedono non è carità, ma trasparenza, ascolto e giustizia sociale.
Quello che vivono è una guerra silenziosa fatta di promesse spezzate, riforme mai arrivate, piattaforme che crollano proprio quando dovrebbero offrire futuro.
E se Mimì e Angelo sono finiti in carcere per aver alzato la voce, la vera domanda dovrebbe essere: “perché così tante persone sono costrette a urlare per essere ascoltate?”
“Non abbiamo nulla da perdere, se non un presente fatto di sfruttamento e un futuro che non ci è concesso.”
“Ci vogliono obbedienti, divisi, silenziosi. Ma noi siamo tanti, uniti, e non ci faremo spegnere.”
Intanto, le bandiere palestinesi sventolano accanto ai volti dei due manifestanti. Il legame tra chi lotta per la casa, il pane e la dignità qui o altrove è più vivo che mai.
Oggi Napoli ha visto la solidarietà farsi massa.
