Camorra e pallone, un legame, reale o presunto, che tra gli anni Ottanta e l’inizio di Novanta ha contornato l’epepea maradaniana in una Napoli pre e post scudetti. A parlarne, o meglio a riparlerne, è Giuseppe Misso, ex superboss dell’omonimo clan da tempo collaboratore di giustizia. ‘o Nasone, oggi 77enne nel suo secondo libro, “Quel Rapido 904”, ha raccontato la cosiddetta ‘stagione delle bombe’ di cui fu vittima l’allora presidente azzurro Corrado Ferlaino. “Il Napoli perse contro la Juventus. Io e Nino volevamo il ritorno di Juliano per costruire una squadra competitiva. Nell’ottobre 1982, organizzammo una protesta feroce contro Ferlaino. Facemmo esplodere una bomba di notte sotto casa sua, simultaneamente un’altra allo stadio San Paolo. Una telefonata anonima al 113 avvisò che c’era un’altra bomba nel ritiro di Soccavo. I calciatori scapparono in mutande”.
Nino di cui parla Giuseppe Misso è Nino Galeota, imprenditore nel campo dell’abbigliamento e delle calzature, di cui il boss divenne socio, come dichiarato anche nel corso di una vecchia intervista rilasciata al Corriere della Sera: “Io e Nino eravamo stremati, una sconfitta dietro l’altra. Il presidente Ferlaino ci stava portando alla rovina. Così mettiamo una bomba di tritolo sotto casa sua, e un’altra allo stadio San Paolo. Non è finita: facciamo volare un aereo sopra la città con lo striscione: “Ferlaino via, Juliano torna”. Poi volantini e manifesti, un assedio”.
Una strategia che a dire di ‘O Nasone portò agli esiti sperati visto che “Ferlaino si dimise, Juliano tornò e nel 1984 acquistò Maradona con l’aiuto del nostro amico José Alberti”.