Il sequestro dei beni dei Casalesi in Romania non è andato come previsto. Complice un cavillo giudiziario, che forse era già stato previsto dal clan, il tesoro risulta tutt’ora intoccabile dalla giustizia italiana.
QUANDO LA GIUSTIZIA HA LE MANI LEGATE
La DDA di Napoli emise una misura di prevenzione riferita agli oltre 20 milioni di euro in immobili, due aziende edili ed il 60% di azioni di un centro benessere. Ma il provvedimento non è previsto dal sistema giudiziario rumeno. Così tutti i beni sono ancora nelle mani dell’amministratore delegato Nicola Inquieto, che ora si trova nel carcere di Rebibbia. Inquieto fu designato da Michele Zagaria in persona, ed era uno dei pochi a conoscere l’ubicazione del bunker del boss.
Il gip di Roma interrogherà Inquieto tra pochi giorni. Intanto, in attesa della rogatoria, la richiesta di consegna dei beni appartenenti ai Casalesi non si è conclusa positivamente per la giustizia italiana. I giudici di Pitesti, infatti, hanno negato qualsiasi intervento sugli immobili del clan. Così, lo stesso amministratore giudiziario nominato dalla DDA di Napoli, Scarpa, non può recarsi in Romania a gestire le aziende di Inquieto. Le proprietà risultano sequestrate solo sulla carta, ma di fatto restano nelle mani dell’amministratore delegato.
OLTRE AL DANNO, LA BEFFA
Si ritiene che Zagaria abbia calcolato tutto nei minimi dettagli, per evitare che i suoi beni finissero nelle mani dello stato italiano. E, almeno per ora, è riuscito nel suo intento. La giustizia italiana ha le mani legate. Per quanto riguarda Nicola Inquieto, a breve potrà difendersi dalle accuse, affiancato dagli avvocati Giuseppe Stellato e Nicola Marino. L’uomo è tornato in Italia tramite estradizione per rispondere delle accuse, e per i prossimi 180 giorni dovrà essere al servizio della magistratura. Tuttavia, si ipotizza che si avvarrà della facoltà di non rispondere. Scaduti i 6 mesi, se non saranno formalizzate le accuse, Inquieto potrà tornare in Romania.
