Il tribunale del Riesame di Napoli nei giorni scorsi ha deciso che Raffaele Imperiale deve restare in carcere (leggi qui l’articolo). Rigettata la richiesta di revoca della misura cautelare avanzata dai legali di Imperiale. Per la procura di Napoli, che ha depositato atti nuovi, Imperiale non era un “semplice fornitore di droga” ma “uno dei pilastri su cui poggia tutta l’organizzazione camorristica degli scissionisti del clan Di Lauro“. Secondo i magistrati senza i suoi agganci “il clan Amato sarebbe scomparso o forse mai esistito”.
IL CARTELLO DELLE DROGA E IL RUOLO DI IMPERIALE
Le indagini su Imperiale portavano a individuare anche i contatti del narcotrafficante con i criminali ritenuti a capo di cartelli della droga coinvolti nella cosiddetta Mocro War in Olanda e Belgio, che ha provocato oltre 40 morti. Si tratta di Taghi Ridouan e di Riquelme Vega. Il primo in attesa di processo, il secondo preso in Cile nel 2017 ed estradato in Olanda dove è stato di recente condannato. La Dda ha prodotto anche le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, primo fra tutti Carmine Cerrato, braccio destro del boss Lello Amato, che ha raccontato dei codici cifrati con i quali parlavano tra loro, dei telefonini “usa e getta”. Sarebbe durato poco, forse neppure esistito, il clan degli Amato Pagano senza Raffaele Imperiale, il narcotrafficante campano di caratura internazionale arrestato agli inizi dello scorso agosto a Dubai dove si trova tuttora e per il quale è stata inoltrata una richiesta di estradizione. Per la Procura di Napoli, infatti, Imperiale, con il suo socio Mario Cerrone, anche lui destinatario di un contestuale mandato di arresto in carcere per associazione a delinquere di stampo camorristico, non rappresenta un “semplice fornitore di droga” ma “uno dei pilastri su cui poggia tutta l’organizzazione camorristica degli ‘scissionisti’ del clan Di Lauro”. Il pentito Carmine Cerrato, un tempo affiliato agli Scissionisti ha raccontato che una volta Imperiale aveva avuto un incidente mentre era alla guida di una Ferrari e nello schianto era stato coinvolto anche un suo sodale, che era in una Lamborghini; c’era stato anche un morto. «Non mostrava disappunto sul fatto che due autovetture di pregio fossero andate distrutte in quanto aveva molti soldi».