“Meglio morire tra le sbarre e i cancelli” questo disse Raffaele Cutolo in un’aula di tribunale Perugia. Era il 9 ottobre del 1998 all’udienza per l’omicidio di Mino Pecorelli. Tommaso Buscetta e Maurizio Abbatino della Banda della Magliana parlarono della morte del giornalista ma quel giorno però davanti alla Corte c’era il capo della Nuova camorra organizzata, che rispose alle domande dell’avvocato Carlo Taormina.
Questa risposta rispunta da un audio che è stato trasmesso nel corso dell’ultima puntata di Mammasantissima di Lacnews24 e spiegò come e quando, rifiutò di collaborare con l’autorità giudiziaria: “Vedete avvocato… – dice il camorrista- senza offesa per tanti pm che stanno in Italia… la maggior non vogliono la verità vera, ma vogliono dei jukebox al quale ci mettono la monetina dentro per sentire soltanto quello che fa comodo a loro e io non ho voluto mai stare a questo gioco. Penso che è notorio che anche al ’94 volevano portarmi in una villa a me e mia moglie… senza che io avevo detto niente e io ho rifiutato. Meglio morire tra le sbarre e i cancelli”.
Il professore vesuviano parlò dei suo rapporti con il boss della ‘ndrangheta Paolo De Stefano. “L’ho conosciuto in carcere tanti anni fa a Paolo De Stefano e poi ci siamo incontrati nella mia latitanza quando è successo il fatto di Aversa. Mai iniziative insieme, né dentro né fuori dalle carceri… Ci siamo scambiati qualche arma, qualche cosa così”.
Invece la storia giudiziaria dice che furono proprio i sicari di Cutolo, ad assassinare a Poggioreale, un altro boss della ‘ndrangheta tra i più potenti di sempre, Mico Tripodo. E fu molto più che un favore di Cutolo a Paolo De Stefano, fu il prezzo che il capo della Nco pagò per ricevere le regole della ‘ndrangheta.
