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lunedì, Giugno 17, 2024
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RACKET, UN AFFARE DIVISO TRA SETTE CLAN
Allarme nel Giuglianese dopo il caso dell’edicola a fuoco

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VILLARICCA. Nella morsa del racket. Imprenditori, artigiani, semplici commercianti. Sul libro paga, ogni mese, la voce del pizzo. Piccole o grandi quote di denaro, comunque proporzionate agli incassi delle attività. E se non si tratta di soldi in contante, i clan della camorra pretendono il pizzo in altre forme: obbligando l’acquisto di prodotti da determinate aziende, imponendo la prestazione di servizi a basso costo se non addirittura gratis. Per polizia e carabinieri il fenomeno è diffusissimo: da Lago Patria a Melito, passando per Marano e Mugnano. E a confermare lo stato di allarme sociale è arrivato l’incendio appiccato martedì notte ad un’edicola di Villaricca. Gli agenti del commissariato di Giugliano, diretti dal vicequestore Maurizio Fiorillo e dal commissario Domenico Chiacchio, non escludono nessuna pista: neanche un avvertimento da parte di qualche concorrente. Eppure il movente privilegiato resta il racket, una delle fonti di guadagno più redditizie per i clan del Giuglianese. Mallardo, Polverino, Nuvoletta, Di Lauro, Ferrara, Pianese, Verde: sono le famiglie che da anni segnano il destino di queste zone. «Ma non bisogna arrendersi all’arroganza dei malviventi – avverte il sindaco di Villaricca e consigliere provinciale Raffaele Topo – Quanto è accaduto l’altro giorno sulla Circumvallazione esterna è il segnale di un rapido innalzamento dei livelli delinquenziali. Contro la piccola e grande criminalità occorre un’azione di contrasto feroce. E l’amministrazione comunale, da parte sua, sta facendo di tutto per contribuire all’azione di repressione di questi fenomeni: tra un anno sarà pronta la caserma dei carabinieri, intanto abbiamo firmato il protocollo per l’installazione di un sistema di videosorveglianza». Al progetto, varato tre giorni in prefettura, partecipano diciassette Comuni, tra cui Giugliano, Calvizzano, Marano, Melito, Mugnano, Qualiano e Sant’Antimo. Secondo i rapporti delle forze dell’ordine, sono almeno sette i clan che si spartiscono questo territorio. Cosche feroci, pronte a cambiare assetto ad ogni reazione dello Stato. Dopo la stagione della faida – raccontano polizia e carabinieri – la parola d’ordine è «invisibilità». Il che significa, in concreto, contenere la violenza, non provocare allarme sociale, agire tramite intermediari, ricucire il proprio tessuto sociale, gestire con più oculatezza le attività illecite. Proprio come accade nel racket del pizzo, dove si è affermata la regola di «far pagare di meno ma far pagare tutti». E passare alle vie di fatto solo quando non è possibile fare diversamente.

Per i sindaci di Marano e Giugliano, Mauro Bertini e Francesco Taglialatela, «l’azione di contrasto che può essere condotta dagli enti locali è di tipo sociale e culturale. Non abbiamo gli strumenti per combattere le organizzazioni malavitose sul fronte dell’ordine pubblico in senso militare, ovviamente. L’unico tipo di intervento che possiamo attuare, quindi, si basa sull’azione amministrativa, cercando di creare le premesse e di offrire gli strumenti affinché il tessuto economico e culturale di un territorio cresca ispirandosi a valori sani. La camorra trova terreno fertile proprio dove il disagio sociale è crescente e possiamo contrastarla soltanto sottraendole il ruolo di unico riferimento per i diseredati».

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UF – IL MATTINO 30 SETTEMBRE 2005

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