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venerdì, Aprile 19, 2024
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Racket per il gruppo di ‘abbasc Miano’, condanna soft per Pino Romano

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Giuseppe Romano, classe ’80, imputato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, è stato condannato dalla Quarta Sezione del tribunale di Napoli, presidente Dottoressa Giovanna Napoletano (Giudici a latere Ambrosio e Bardari). Nel processo col rito ordinario, Romano ha incassato la pena di 4 anni e 3 mesi di reclusione. Il Pubblico Ministero della DDA Dottoressa Maria Sepe aveva chiesto la condanna a 9 anni di reclusione. Giuseppe Romano, difeso dall’avvocato Luigi Poziello del Foro di Napoli Nord, si trova agli arresti domiciliari.

Gli altri quattro imputati (Isaia Luca, Ronga Salvatore, Scognamiglio Giovanni e Scognamiglio Pasquale) avevano invece scelto il rito abbreviato che si è celebrato davanti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli Dott. Fabrizio Finamore. Pasquale Scognamiglio e suo figlio Giovanni sono stati condannati rispettivamente a otto e quattro anni. Gli altri due ras coinvolti, Luca Isaia e Salvatore Ronga, hanno rimediato invece entrambi sei anni e otto mesi.

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I fatti risalgono all’Agosto 2021. Dopo i primi due arresti in flagranza di reato, scattati per Salvatore Ronga e Luca Isaia (i poliziotti si erano seduti ai tavolini del bar in borghese e hanno sia visto che ascoltato in diretta la richiesta estorsiva), l’ordinanza di custodia cautelare fu notificata ad opera degli uomini della Questura di Napoli anche per gli altri tre indagati che avrebbero preso parte alle “spedizioni” ai danni del bar “Caffè Europa”. Il gip Dottoressa Isabella Iaselli aveva infatti disposto la custodia cautelare in carcere, oltre che per i primi due fermati, anche per Pasquale Scognamiglio, Giovanni Scognamiglio e Giuseppe Romano.

Il gruppo di “abbasc Miano” era tornato a mostrare i muscoli dopo il recente azzeramento del rivale clan Cifrone. È proprio grazie alla denuncia del titolare dell’attività ed alla testimonianza della madre che le indagini arrivarono a una svolta. Dalla lettura dei capi di imputazione si apprende infatti che il commando avrebbe preteso del commerciante la consegna di 125mila euro, suddivisa in rate da 5mila euro mensili, quale presunto residuo di un prestito di natura usuraria che il barista e la madre avevano contratto alcuni anni fa con alcuni usurai e con l’imputato Giuseppe Romano.

Giova precisare che sia la persona offesa che la madre sono già stati escussi come testimoni nel processo ordinario. La persona offesa si è presentata al processo assistita da una associazione antiracket.

Quella che ne è scaturita è stata un’inscalabile montagna di debiti, alla quale hanno presto seguito diverse minacce, andate avanti a ritmo martellante dal 29 luglio fino al 7 agosto scorsi.

Romano non vuole però sentir ragioni e precisa che «ormai i Cifrone non contano più nulla» e che in zona adesso comandavano loro. Aggressioni e minacce erano però tutt’altro che finite. L’incubo è infatti proseguito anche nei giorni a seguire, con tanto di convocazione al cospetto del capozona e di avvertimenti rivolti alla madre del commerciante. In sede di denuncia il barista ha messo a verbale un riferimento che potrebbe rivelarsi molto utile per capire la collocazione criminale degli indagati: «Da quel momento a casa di mia madre a Villaricca si presentava regolarmente Romano con altre persone che non conoscevo, minacciandomi».

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Antonio Mangione
Antonio Mangionehttp://www.internapoli.it
Giornalista pubblicita iscritto dalll'ottobre 2010 all'albo dei Pubblicisti, ho iniziato questo lavoro nel 2008 scrivendo con testate locali come AbbiAbbè e InterNapoli.it. Poi sono stato corrispondente e redattore per 4 anni per il quotidiano Cronache di Napoli dove mi sono occupato di cronaca, attualità e politica fino al 2014. Poi ho collaborato con testate sportive come PerSempreNapoli.it e diverse testate televisive. Dal 2014 sono caporedattore della testata giornalistica InterNapoli.it e collaboro con il quotidiamo Il Roma
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