«Voglio precisare che questo sistema è utilizzato da tutti i clan della camorra, compreso il nostro clan Amato-Pagano, che investe nei cantanti neomelodici; ossia gli fanno regali in soldi, li invitano alle feste di piazza che il clan organizza nei quartieri controllati, sino a pagargli la registrazione dei cd. Quando diventano famosi al clan torna una percentuale sugli incassi totali del cantante». Sono parole che permettono a chiunque di capire e carpire quale sia il sistema nascosto dietro le quinte di Napoli. Sono anche dichiarazioni spontanee di chi quel sistema lo gestiva in prima persona prima di diventare collaboratore di giustizia. Parliamo di Luca Menna, esponente di spicco del clan Amato-Pagano. E’ dalle sue parole, probabilmente, che gli inquirenti sono partiti generando un vero e proprio filone di inchiesta dedicato ai cantanti neomelodici.
I cantanti neomelodici favorirebbero il riciclaggio dei clan partenopei
Le parole di Luca Menna, trascritte sui verbali processuali e riportate dai colleghi de il Mattino, però, non sono che la punta di un iceberg enorme. Di ogni iceberg, lo sapete, si scorge solo la punta che emerge dall’acqua. Ma, sotto, c’è un’immensa massa di ghiaccio nascosta. Ed è a quella che gli inquirenti stanno puntando. Il sistema sarebbe chiaro e perfettamente strutturato, come fosse parte integrante di un meccanismo ben oleato. Alcuni cantanti neomelodici verrebbero spinti al successo dal supporto economico dei clan.Una volta raggiunto, gli enormi guadagno dell’artista di turno fungono da lavatrice di denaro sporco dei clan che ne hanno finanziato l’ascesa. E’ emblematico come alcuni di questi non si preoccupino nemmeno di nascondere il loro legame con questo o quel gruppo criminale della città. Come fosse un vanto, lo si sbandiera ai quattro venti. Fino a quando non arrivano le forze dell’ordine a bussare alla porta, almeno.
