PUBBLICITÀ
HomeCronaca"Cicciona fai schifo!": padre condannato per body shaming alla figlia 11enne

“Cicciona fai schifo!”: padre condannato per body shaming alla figlia 11enne

PUBBLICITÀ

“Cicciona, fai schifo! Susciti repulsione in me e in chi ti guarda” queste le parole disprezzanti che un padre ha rivolto alla figlia di undici anni, a cui sono seguite diverse frasi denigratorie. L’uomo è stato condannato dalla Cassazione.

La sentenza della Cassazione contro il padre della bambina

La sentenza del 15 settembre scorso, ha confermato la condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Venezia nei confronti dell’uomo mostrando chiaramente una nuova attenzione e sensibilità verso le violenze psicologiche, verbali e nei comportamenti, all’interno dell’ambiente domestico. Il body shaming in famiglia può dunque costituire reato. “Parole come ‘cicciona’, ‘brutto’, ‘nano’, ‘secca’ possono provocare gravi conseguenze psicologiche, soprattutto se rivolte da un genitore a un figlio in età evolutiva” sottolinea la Suprema Corte per poi aggiungere “Gli epiteti denigratori rivolti ai propri familiari in maniera ripetuta, anche se non si trasformano in veri e propri insulti, possono integrare il reato di maltrattamenti”.

PUBBLICITÀ

“Cicciona fai schifo!”: la vicenda 

Per sette mesi, da gennaio a luglio 2020, l’imputato ha manifestato, “il proprio disprezzo per le condizioni fisiche e le capacità relazionali della bambina alla quale, – si legge nella sentenza – rivolgeva con continuità frasi denigratorie , ferendole la personalità e provocandone un regime di vita svilente, anche considerata la particolare vulnerabilità della stessa, all’epoca undicenne”. Il 28 luglio 2020 il padre era arrivato anche all’aggressione, picchiando la bambina per “ragioni legate all’igiene alimentare“. A nulla sono valse le motivazioni del padre che ha sostenuto che in quel periodo non viveva con la figlia per ragioni di lavoro e nel contesto della pandemia da Covid l’aveva incontrata solo in tre diversi fine settimana.

A confermare l’atteggiamento denigratorio dell’uomo anche la madre della ragazzina che ha parlato di quelle visite come di occasioni per “perpetuare comportamenti svilenti e maltrattanti”.

PUBBLICITÀ