Sono due condanne a 9 anni e una a 10 anni di reclusione. Questo il verdetto del giudice del tribunale per i minorenni di Napoli Anita Polito, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato, emesso nei confronti di 3 dei 7 minorenni coinvolti negli abusi compiuti la scorsa estate a Caivano ai danni di due cuginette di 12 e 10 anni. La sentenza è giunta al termine di una breve camera di consiglio. Il 5 luglio, pene tra 9 anni e 10 anni e otto mesi di reclusione, erano state invocate dal pm Claudia De Luca.
Stupri di Caivano, oltre 25 anni di carcere per i due maggiorenni
Oltre venticinque anni di carcere. Qualcuno in più rispetto alla richiesta del pubblico ministero. Questa la decisione del gip per il 18enne Pasquale Mosca (condannato a 13 anni e quattro mesi) e per il 19enne Giuseppe Varriale (condannato a 12 anni e cinque mesi). Una condanna dunque che supera l’iniziale richiesta del pubblico ministero per i due maggiorenni del gruppo che, insieme ad altri minori, avrebbero violentato due cuginette.
«Stupro di gruppo ripreso in videochiamata, una cuginetta minacciata con il bastone dal fidanzato», i dettagli sull’orrore di Caivano
Costrette a subire rapporti sessuali mentre venivano riprese con il cellulare durante una videochiamata in diretta.
Lo stupro in videochiamata live è uno dei dolorosi retroscena della drammatica storia di violenze subite dalle due bambine. Una delle vittime fu costretta a subire rapporti sessuali da uno dei ragazzi che, con il cellulare, la riprendeva durante una chiamata in diretta. “Sentivo voci che ridevano”, ha detto una delle due cuginette.
Il giudice del tribunale per i minorenni non solo ritiene credibile il racconto delle due vittime, ma sottolinea che i video realizzati durante gli stupri “mostrano la crudezza con cui venivano trattate dal branco le due vittime, minacciate e trattate alle mercé di cose”.
Un orrore. In uno dei filmati degli abusi di gruppo la vittima viene minacciata, tra le risate degli aguzzini, che se non si fosse prestata avrebbero “detto tutto” al padre. Così da indurla nella convinzione di dover essere lei a vergognarsi per la violenza subita.