11.9 C
Napoli
venerdì, Aprile 19, 2024
PUBBLICITÀ

“Da Giugliano al Basso Lazio, la camorra imprenditrice non ha confini. Dai cittadini nessuna segnalazione”. Il monito del maggiore De Lise

PUBBLICITÀ

A seguito di alcune recenti interdittive antimafia, emesse grazie al lavoro dei Carabinieri impegnati in un complesso lavoro di individuazione dei fenomeni criminali latenti, che hanno interessato aziende/imprese che avevano investito nel territorio pontino, a Latina si sono resi conto di quanto sia concreto e attuale il pericolo delle infiltrazioni delle realtà imprenditoriali contigue alle organizzazioni criminali mafiose nel tessuto socio economico pontino. Fenomeno che spesso vede i cittadini pontini insensibi e distanti dal pericolo che sottende il fenomeno. È lo scenario allarmante che emerge dall’analisi fatta dal quotidiano Latina Oggi attraverso gli occhi del maggiore Antonio De Lise, comandante da più di due anni del Nucleo Investigativo dell’Arma di Latina, reparto specializzato anche nel contrasto del crimine organizzato, ufficiale approdato nel capoluogo pontino dopo esperienze significative come il comando della Compagnia di Giugliano in Campania.

Ripercorrendo l’intervista fatta al Maggiore De Lise dal giornalista Ranaldi di Latina Oggi, l’ ufficiale dei carabinieri non ha avuto dubbi nel sottolineare che la criminalità di matrice campana emerge tra le altre comunque presenti, nel settore del reimpiego di denaro accumulato illecitamente… Che situazione ha trovato in provincia di Latina?: “Mi ero documentato, soprattutto attraverso atti giudiziari. Avevo letto dei clan autoctoni, un fenomeno che ho trovato in forma più contenuta, grazie alle inchieste della magistratura distrettuale antimafia che ha disarticolato le consorterie più importanti. Sapevo, avendo già in passato lavorato in territorio di camorra, ed ho letto dell’influenza della criminalità campana, ma l’ho trovata anche più numerosa rispetto a quanto pensassi. Ne è un esempio l’impresa che ha infiltrato un appalto pubblico del Comune di Latina, ritenuta dal Prefetto di Napoli vicina al clan Mallardo, capace di estendere i propri affari in tutto il Lazio, come osservato già dal procuratore nazionale antimafia Melillo. Ovviamente, anche se meno numerose, sono presenti anche criminalità non di matrice campana, come dimostrato anche dalle due attività commerciali interdette a Formia perché ritenute continue ad una ‘ndrina calabrese”. 

PUBBLICITÀ

Inoltre l’ufficiale a specifica domanda non ha dubbi nel sottolineare che tra le varie organizzazioni campane quella predominante è la confederazione camorristica meglio nota come “Alleanza di Secondigliano”, che ha come uno dei vertici il Clan Mallardo ancora oggi considerato il riferimento criminale della nostra città. Quindi le organizzazioni criminali campane sono quelle più radicate nel territorio pontino?: “La vicinanza territoriale influisce, di conseguenza la protagonista la fa la camorra, in particolare con la famosa alleanza di Secondigliano perché è la struttura criminale più importante e più ramificata della Campania. Ma non dimentichiamo che di recente un’attività commerciale del sud pontino ha rivelato legami con la criminalità organizzata e in quel caso si parlava di ‘ndrangheta. È chiaro che qui le mafie si comportano diversamente rispetto ai territori di origine”.

Il Comandante ha poi fatto riferimento al diverso modo di approcciarsi delle mafie all’interno dei territori di investimento nonché a quali sono i settori maggiormente a rischio di infiltrazioni ed in che modo gli imprenditori legati alle mafie riescono a sfruttare l’economia legale: “Qui diventano imprenditrici, mettono da parte le armi, evitano lo spargimento di sangue e tutta una serie di elementi che invece hanno bisogno di rendere visibili nei territori d’origine dov’è maggiore il contrasto con i rivali. Mi rifaccio a un concetto descritto da una sentenza del Tribunale di Napoli nel 2014, vale a dire la mimetizzazione camorristica, la capacità di mescolarsi nel tessuto sociale sano. Perché questo va detto, a Latina ho trovato un territorio sano”.

Quali sono i settori più a rischio? “Sicuramente gli appalti pubblici, ma nel territorio pontino c’è turismo, quindi le realtà più soggette alle infiltrazioni sono le attività ricettive, quelle commerciali in generale. Qui c’è terreno fertile per reinvestire i denari prodotti in maniera illecita, che poi è il problema principale delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, vale a dire di come investire il denaro piu’ che di come accumularlo”. In che maniera gli imprenditori legati alle mafie riescono a insinuarsi nella nostra economia?: “Essenzialmente assistiamo a due tipi di infiltrazioni. Prima di tutto quella in cui il criminale vien (ndr a Latina) e crea una struttura tutta propria mediante fittizi intestatari. Poi c’è una modalità più subdola, che avviene sfruttando le aderenze al territorio, che gli forniscono le informazioni utili, per approfittare delle difficoltà economiche dell’imprenditore sano, che magari è debole dal punto di vista psicologico nonchè economico e cede alle proposte del mafioso. In questo caso c’è anche chi accetta perché pensa di diventare più importante, potente e rispettato affiancandosi al mafioso, senza sapere di aver solo perso definitivamente la propria attività”. 

Il Maggiore sollecitato dall’intervistatore circa i rischi di una comunità quando vi approda un’impresa mafiosa, senza mezzi termini sottolinea che, aldilà dei rischi per la comunità, un investimento mafioso è una grandissima beffa per chi ancora oggi è vittima delle mafie, in quanto è costretto a vedere che con i soldi a loro estorti gli affiliati di queste mafie debbano godere del benessere che scaturisce da investimenti spesso faraonici nell’economia legale.

Quali sono i rischi per la comunità quando viene infiltrata da un’impresa mafiosa? “Non bisogna farsi ingannare dal benessere che generano le attività alimentate da finanziamenti illeciti. Dietro c’è sempre un modo di ragionare mafioso, quello della sopraffazione. Se  voltiamo la testa, accettiamo che possa girare l’imprenditore legato alla criminalità organizzata e con lui magari un amico mafioso, che magari ha un figlio che cresce con i nostri figli e si ricorda di avere una mentalità mafiosa ad esempio anche semplicemente nel momento in cui scoppia una lite davanti un locale notturno per un futile motivo. È un problema che investe tutta la società, perché l’imprenditore infiltrato mette le radici e porta dipendenti di spesso famiglie mafiose che nella maggior parte dei casi rappresentano anche il prezzo da pagare alle mafie. Senza dimenticare che accettare l’infiltrazione mafiosa, è una beffa per le stesse vittime delle organizzazioni criminali, le quali vittime nei territori di origine delle mafie devono piegarsi alle richieste estorsive o allontanarsi dai territori di origine per lasciare le imprese mafiose in una situazione di monopolio e devono accettare pure che i soldi ceduti da loro consentano alle mafie di moltiplicare gli affari e far vivere nel benessere i propri affiliati ”.

Inoltre l’alto ufficiale dell’Arma sottolinea che l’ingresso di un’impresa mafiosa in un territorio diverso da quello di origine costituirà per sempre un punto di riferimento e di appoggio per l’organizzazione criminale per qualsiasi evenienza in quella determinata nuova provincia. Insomma, l’imprenditore contiguo alla criminalità organizzata resta pur sempre un punto di contatto col territorio d’origine? “Capita, a volte, di avere a che fare con imprese ormai del tutto distaccate dall’associazione mafiosa di origine, ma il denaro iniziale proviene sempre da affari illeciti. Magari l’azienda viene gestita da un soggetto che prima di reinventarsi imprenditore commetteva rapine o estorsioni nel territorio d’origine, quindi dietro un’attività pulita, un locale sfarzoso, c’è sempre una persona che si mette a disposizione quando il clan chiama, ad esempio se dovesse  chiedere un’indicazione o il supporto logistico per compiere una rapina. Anche quei soggetti che non sono pericolosi, hanno pur sempre una funzione di sentinella, a disposizione del mafioso anche per un nascondiglio di un latitante e tutte quelle situazioni che comunque possono creare allarme sociale. Dove c’è un latitante, può esserci qualcuno che lo cerca, che magari non sono le forze di polizia, ma un emissario di un clan rivale. Poi magari succede quello che è successo a Terracina dieci anni fa. Non solo è importante non prestarsi a facili arricchimenti, ma è altrettanto doveroso non voltare la testa di fronte a una realtà imprenditoriale sospetta.”

Infine il Maggiore De Lise anche in territorio pontino mostra un pò il suo piu’ grande rammarico dopo oltre due anni di comando di un reparto che si occupa essenzialmente di lotta alle mafie, rammarico che lo ha sempre un po’ accompagnato anche quando era il Comandante dei Carabinieri di Giugliano quando ci spronava a non voltarci dall’altra parte che è quello appunto della collaborazione delle società civile cosidetta sana. Vi è capitato di ricevere segnalazioni da parte di cittadini che hanno notato evoluzioni di questo genere? “No, è il mio rammarico. Da oltre due anni sono comandante del Nucleo Investigativo che si occupa anche di contrastare le mafie, ma non ho avuto segnalazioni di anomali arricchimenti. Non dico denunce, ma neppure segnalazioni di qualcuno che bussa alla mia porta e mi dice, ho notato questo anomalo arricchimento, di locali che passano dal rischio chiusura a un improvviso investimento. Non mi accorgo della presenza mafiosa perché costretto ad aumentare le indagini, ma perché aumenta il numero delle persone che le pattuglie controllano con soggetti vicine alle mafie. Prima che ciò avvenga, è possibile che il mafioso sia vicino di casa di un latinense che magari non è avvezzo a riconoscere certi fenomeni, ma in alcuni casi preferisce restare in silenzio, per paura di essere implicato in vicende giudiziarie”.

 

PUBBLICITÀ

RESTA AGGIORNATO, VISITA IL NOSTRO SITO INTERNAPOLI.IT O SEGUICI SULLA NOSTRA PAGINA FACEBOOK.

PUBBLICITÀ

Ultime Notizie

Festa ai Ponti Rossi finita nel sangue, scarcerato presunto accoltellatore

Ha ottenuto gli arresti domiciliari nonostante le pesanti accuse a suo carico. Questa la decisione presa dal gip Vinciguerra...

Nella stessa categoria