Hanno pianto e chiesto perdono. Hanno confermato quasi in toto tutte le dichiarazioni rilasciate dopo il fermo per l’omicidio di Francesco della Corte, guardia giurata di cui ieri sono stati celebrati i funerali a Marano. Volevano la pistola della guardia giurata per venderla. Solo il 15enne, considerato il capo del gruppetto, ha parzialmente cambiato la versione resa 48 ore prima in commissariato, nel corso di dichiarazioni spontanee. I reati contestati sono quelli di omicidio volontario con l’aggravante della crudeltà e rapina. «Mi ricordava mio padre, non riuscii a colpirlo» avrebbe detto uno dei minorenni che ha raccontato quella notte di violenza che il 3 marzo si concluse con il massacro della guardia giurata 51enne uccisa a bastonate davanti alla metropolitana di Piscinola.
I tre giovani, tutti di Piscinola, sono cresciuti in un quartiere difficile e con amicizie sbagliate: nelle loro bacheche c’è l’esaltazione del crimine, il ‘tifo’ per il male. Il gip del Tribunale per i minorenni nel provvedimento parla «di atti di assoluta gravità sia per la modalità sia per il movente, che denotano personalità facilmente inclini ad azioni assolutamente gravi per fini devianti e scelti con una stupefacente superficialità».
Tra 50 giorni sarà depositato il risultato dell’esame autoptico sul corpo della guardia giurata. Nessuno degli indagati ha nominato un proprio consulente. La perizia è affidata agli esperti nominati dalla Procura e ai consulenti dei familiari della vittima (assistiti dagli avvocati Marco Epifania e Gennaro Galantuomo).
